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Fai buon viaggio Dj Fabo

art huff 27 2 17L'Huffington Post, 27-02-2017
Deborah Dirani

Fai buon viaggio Dj Fabo. Non importa che sia l'ultimo di questa vita che hai scelto, da uomo libero, di non vivere più. Io ti auguro che sia il più bello di tutti quelli che lo hanno preceduto, che porti con sé le sensazioni di tutti quelli che lo hanno preceduto.

Che ti accompagni il sole dell'India e il profumo delle spezie che riempie l'aria anche quando sei vicino al mare. Che ti accompagni il vento che ti seccava la pelle su uno scooter mentre scodinzolavi per qualche stradina sterrata con la tua Valeria aggrappata dietro. Giovani, innamorati e, soprattutto, normali, con un futuro che decidevate insieme e che, diversamente dal presente, era aperto all'infinito. Un futuro di Dj set a Goa o a Ibiza o ovunque decideste di andare. Di barba incolta e treccine sulla testa. Di figli, o anche no, di corse, di camminate, di momenti per riposare.

Un futuro che non era la Svizzera, che era qualche spiaggia con le sue notti di musica, qualunque musica, comunque la tua musica.

Dicono che da qualche anno tu non possa nemmeno più sentirla la musica, che ti commuova troppo, che ti stringa ancor più addosso la bara immobile che è diventato il tuo corpo. Dipendente in tutto, libero solo nel pensiero. E non deve essere una grande libertà, nonostante quello che un ragazzino nato imprigionato, sostenga nel tentativo (un pochino goffo) di incoraggiarti. Perché nessuno, nemmeno lui, quel ragazzino, conosce la tua vita e la scatola di sofferenza in cui è rinchiusa.

Ci vorrebbe fede, dicono quelli che camminano, vedono, ridono, parlano. La fede è un privilegio e, in ogni caso, è un esercizio di libertà. Esattamente come lo è decidere di morire perché di giorni neri e paralizzati se ne sono vissuti già abbastanza.

Che la vita è bella perché può sorprenderti, ma mi domando quali sorprese possa riservare a un ragazzo che non può vederla, non può percorrerla, non può viverla come sapeva fare. Cosa c'è di meraviglioso in una notte che conosce sempre e solo la stessa sfumatura di nero, e che, soprattutto, non vedrà mai più la luce?

Cosa c'è di meraviglioso in un letto d'ospedale, il corpo immobile, le piaghe che bruciano, il bisogno costante di qualcuno che ti curi, ti cambi posizione, ti lavi la faccia, ti pettini i capelli, ti cambi biancheria e vestiti scegliendo per te perché tu non sei più in grado di operare nessuna delle scelte che per il resto del mondo sono la banalità del quotidiano?

Io non so immaginare l'angoscia di un ergastolo come quello che ti è toccato, Dj Fabo. Peggio di una sentenza di morte. Sulla cartella cinica della tua vita è scritto: "fine pena mai". Nemmeno la possibilità di prendere una penna e tirare una riga su quel "mai" per sostituirlo con una data. Le mani non le puoi muovere: sei costretto ad affidarti alle mani di un altro perché la tua pena abbia fine.

Così, ora che sei andato di là dalle Alpi a cercare quelle mani e che, tanto per cambiare, qua tra noi normodotati si discute sulla legittimità della tua scelta, io vorrei allungarti una carezza (quelle le senti ancora, no?). Perché anche adesso che noi ti immaginiamo soddisfatto per avere raggiunto l'obiettivo di liberarti di una vita che era una galera, io penso al tuo dolore.

Nessuno è felice di morire, figurarsi se lo può essere qualcuno costretto a discutere e pianificare i dettagli della sua morte, a fissarle una data con un pochino di anticipo e vivere i minuti che gli restano come un conto alla rovescia verso la fine. E dunque non ti penso felice e soddisfatto, non credo che tu oggi, investito tuo malgrado, del ruolo di eroe dei diritti civili, possa sorridere delle ore che ti restano. Perché comunque te ne andrai e non ci sarà più Valeria a tenerti la mano, a spazzolarti i capelli. Morirai da uomo libero e coraggioso, morire può essere una liberazione, sì, ma fa paura.

Allora io vorrei solo che, dopo tutto questo calvario, tu non avessi paura, che almeno lasciando la tua vita tu lo facessi accompagnato dalla musica di uno dei tuoi Dj set, dal vento caldo che ti coccolava in India, dalle braccia di Valeria strette al corpo come quando vi addormentavate in una delle tante notti belle che avete trascorso assieme.

Vorrei che tu ti addormentassi col cuore leggero e con il ricordo del sole impresso nella retina. Vorrei che tu fossi libero dal ricordo del dolore... Lo so che non si può, ma io vorrei che tu ti addormentassi certo di svegliarti domani a Goa col mare davanti e una gran voglia di sentire le onde sulla pelle.

Pubblicato: Lunedì, 27 Febbraio 2017 16:12

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