Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Home a buon diritto

Notizie

Che cosa manca a una persona privata della libertà?

Ristretti Orizzonticarcere 3, 20 febbraio 2017

Le domande che gli studenti rivolgono alle persone detenute sono soprattutto volte a scoprire "l'inimmaginabile", e per loro, una generazione cresciuta con tanta libertà, è davvero difficile da immaginare che cosa manca di più a chi è rinchiuso in carcere.

La loro idea è che in carcere quello che manca è la libertà, e poi gli affetti, la famiglia: tutto vero, gli esseri umani sono nati per essere liberi, e dipendere invece sempre da qualcuno, anche solo per uscire dalla cella e andare in doccia, rende la vita insopportabile da vivere, così come è vero che gli affetti autorizzati "col contagocce" snaturano completamente i rapporti famigliari.
Ecco allora che alla domanda "cosa ti manca di più in carcere", per esempio, Antonio, che in carcere è rinchiuso da ben venticinque anni, ha risposto senza esitazioni "A me manca prima di tutto poter trascorrere del tempo con i miei sette nipotini fuori da questi luoghi e dare loro quell'affetto che non ho dato ai miei figli, poiché quando venni arrestato erano ancora piccoli".
Ma ci sono anche detenuti che raccontano che le cose che gli sono mancate di più, in questi anni, sono i piccoli piaceri della vita a cui fuori, nel mondo libero, nessuno fa neppure più caso: bere un caffè in una tazzina di porcellana, dopo aver usato per anni solo stoviglie di plastica, tagliare una bistecca con un coltello "vero" dopo aver penato ogni giorno con ridicoli coltellini "finti", ritrovare la propria fisionomia in uno specchio "normale" dopo aver passato una vita a guardarsi in uno specchietto di plastica e aver perso anche il ricordo dei contorni del proprio viso e della forma del proprio corpo.
Ogni persona detenuta vive in modo diverso l'idea della mancanza: nelle testimonianze dei due detenuti che riportiamo, per esempio, a uno di loro quello che manca di più è l'intimità, la possibilità di gestirsi degli spazi privati, di non dover più vivere una vita esposta agli sguardi di tutti, all'altro manca soprattutto l'opportunità di sentirsi utile, di fare qualcosa per gli altri, di non vivere una vita vuota e inutile.

 

Sono sempre sotto l'occhio di tutti, non sono mai da solo

Oggi uno studente del mondo esterno mi ha chiesto cos'era la cosa che più mi mancava della libertà. Io, detenuto, non ho avuto neanche un attimo di esitazione e, senza indugi, gli ho risposto: l'intimità. Non so il perché, ma sto avendo delle difficoltà a trovare le parole adatte per spiegare questa forte mancanza che sento, questa sensazione di vuoto che mi provoca l'assenza della mia intimità.

Sono sempre sotto l'occhio di tutti, non sono mai da solo, se non quelle poche volte che il mio compagno di cella va a farsi la partitella a carte, ma quel momento non ha proprio niente di intimo, è solo un altro attimo di solitudine nelle mie solite giornate carcerarie. Ecco! il bagno. Certo, il bagno dovrebbe essere un momento d'intimità, ma qui siamo in un altro mondo, "il mondo degli spioncini", e nel muro del bagno c'è questo rettangolo verticale di vetro e, nel muro esterno, un pezzo di alluminio che serve da finestrella apribile a proprio piacimento.

Santo cielo, quanto mi manca la mia intimità. Non vi è mai capitato di provare quel forte desiderio di voler abbracciare una persona? Ma intendo proprio quell'abbraccio sentito dalla forte esigenza di avere un contatto con un'altra persona, di sentirla vicina, di stringerla in un forte abbraccio fino a sentire il suo respiro. Ecco, a me manca, un abbraccio che solo nell'intimità due persone si possono dare. Il bello dell'intimità è proprio questo, sentirsi liberi da mille costrizioni e da tutti i giudizi che oggi sono costretto a subire, perché la crudeltà della pena è proprio questa!
La carezza a un figlio o la carezza di un figlio fuori da sguardi indiscreti, oppure quelle tante lacrime trattenute per mancanza d'intimità. Quante volte avremmo pianto, ma la mancanza di intimità non ce l'ha permesso? E qui sono molte le volte che io avrei voluto piangere, a volte per un ricordo triste, a volte per uno bello, molte altre volte per bisogno, per sentirmi più vicino alla mia umanità, alle mie fragilità. Ma l'amara e dura verità che oggi mi sbatte in faccia la mia vita detentiva è che non posso, non mi è concesso provare tutte queste emozioni, ma io le ricordo molto bene, io sopravvivo di ricordi e di sensazioni passate in attesa del mio giorno.

Lorenzo Sciacca

 

Oggi ho acquisito consapevolezza dei veri valori della vita

Che fatica rincorrere il tempo quando sei ragazzo e sentirsi frenati dall'età adolescenziale, finalmente si arriva alla maggiore età e ti senti liberato di quel peso infernale, ma ugualmente rincorri il tempo, e arriva la sera senza avere mai ultimato tutti i progetti che ti passano per la testa. Le priorità di un giovane sono molteplici, e quasi tutte pratiche, materiali.

Limitare le esigenze di un giovane è sensato se si riesce a gestirlo, o quantomeno a farlo riflettere, ma se uno stato euforico la fa da padrone in un contesto di amicizie "scalmanate", lui si esalta, si sente onnipotente, ogni ostacolo lo aggirerà a proprio piacimento, si sentirà di avere il mondo racchiuso nel palmo della mano, senza ascoltare nessuno, e nella sua visione della vita, il suo modo di agire non sarà mai messo in discussione, non ci sono per lui salite o curve che ti costringono a decelerare, tutto è un rettilineo da fare alla massima velocità.
Ricordo che mio padre mi diceva: guarda che nella vita tante sono le salite, quante sono le discese, e quanto più veloce sali in cima, tanto più rapidamente arrivi a valle. Ma io, fermo sui miei passi, lo guardavo dall'alto in basso. I valori della vita per me erano basati sul denaro, che purtroppo distorce e sconvolge anche gli animi più buoni, istigandoti spesso ad azioni negative, e ti induce a correre a destra e a manca senza fermarti a pensare.

Ciò che ritenevo prioritario aveva solo un valore materiale, non davo più valore a quanto di bello mi circondava, non consideravo più quanto le persone mi volessero bene. Ho superato i cinquant'anni e mi ritrovo da quasi ventidue anni in carcere con l'ergastolo ostativo, che non mi permetterà mai di uscire, la smania di rendermi importante è terminata con un biglietto di andata senza ritorno verso un luogo desolante come il carcere, e nelle notti insonni quello che più mi manca sono gli affetti, le relazioni famigliari, la possibilità di lavorare, e soprattutto di cercare assiduamente di dedicare il mio tempo a qualcosa di utile per la società. Ecco, mi manca di sentirmi utile, di sapere che qualcuno ha bisogno di me.

Eppure ero stato sempre circondato da questi valori, ma i miei occhi non li volevano vedere. Oggi anche nell'assaporare un frutto mi tornano in mente i sapori del passato, tuttavia quei sapori se li ricordo così assiduamente vuol dire che li sentivo anche allora, ma ero cieco, non volevo vedere quello che contava davvero, o forse, più semplicemente, oggi ho acquisito consapevolezza dei veri valori della vita e del male che ho prodotto.

Agostino Lentini

 

da Il Mattino di Padova

Pubblicato: Lunedì, 20 Febbraio 2017 12:20

Citrino visual&design Studio  fecit in a.d. MMXIV