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Morte di Mauro Guerra, si indaga per omicidio volontario

Mauro GuerraIl Manifesto, 13 febbraio 2017

di Marco Zavagli

Svolta nelle indagini sull'uccisione del 32enne padovano da parte di un carabiniere

Omicidio volontario per la morte di Mauro Guerra. È questa l’ipotesi di reato contenuta nell’avviso di conclusione indagini nei confronti del maresciallo dei carabinieri che sparò al 32enne il 29 luglio 2015 a Carmignano Sant’Urbano, in provincia di Padova.

Quel giorno Mauro viene convocato in caserma. Dopo mezz’ora torna correndo verso la sua abitazione. A inseguirlo ci sono alcuni militari. Dicono che devono sottoporlo a un tso. Che, si scoprirà solo in seguito, nessuno aveva ordinato. Dopo tre ore di “trattativa”, il 32enne finge di dirigersi verso l’ambulanza per poi fuggire verso i campi. È in mutande. Non ha armi con sé.  Percorre 800 metri prima di essere raggiunto da un carabiniere che gli mette una manetta al polso. Si divincola e inizia a picchiare il militare. A questo punto l’altro carabiniere spara. Prima due colpi in aria, poi sul corpo nudo di Mauro.

Lui si ferma, barcolla qualche istante e crolla a terra. La zona viene immediatamente transennata. Alla sorella Elena non viene consentito l’accesso. Le viene detto che è tutto sotto controllo. Ad oggi non sa se mentre sentiva quelle frasi suo fratello respirasse ancora.

I familiari sostengono di aver parlato con testimoni che raccontano una storia diversa. Mauro si sarebbe liberato del primo carabiniere con una serie di pugni per poi lasciarlo a terra e proseguire la fuga. A quel punto sarebbe stato raggiunto dal proiettile.

I giorni successivi le cronache locali cercano di inquadrare la vicenda. Le notizie, ufficiali e ufficiose, si accavallano confusamente. Il carabiniere ferito è stato portato in ospedale con “frattura della teca cranica, della mandibola e di sei costole, ma non in pericolo di vita”. Verrà dimesso 24 ore dopo. Prognosi 30 giorni. A gennaio del 2016 qualche indiscrezione sugli esami tossicologici trapela sui giornali. Si afferma che Mauro non aveva assunto sostanze dopanti né stupefacenti, smentendo così una delle prime tesi date in pasto ai media.

La vittima intanto viene dipinta come “un energumeno di oltre 100 chili”, un “giovane squilibrato”, “completamente fuori di sé” che “farneticava”. Mauro Guerra – carabiniere di leva nel Reggimento paracadutisti Tuscania – lavorava in uno studio di commercialista e la sera, lui bodybuilder, non disdegnava di fare anche il buttafuori. Nel tempo libero dipingeva.

Chi aveva sparato, il maresciallo Marco Pegoraro, 45 anni, già comandante della stazione dell’Arma di Carmignano di Sant’Urbano, venne inizialmente indagato per omicidio colposo. Ora la notizia della conclusione delle indagini da parte del pm Fabrizio Suriano della procura di Rovigo, con un capo di imputazione ben diverso: omicidio volontario. E anche la distanza da cui è partito il colpo cambia radicalmente misura. Non si parla più di qualche metro ma di una fornice che va dai 50 ai 150 centimetri. “L’omicidio – commentano gli avvocati della famiglia, Fabio Pinelli e Alberto Berardi – è contestato come commesso mediante esplosione di un colpo di arma da fuoco letale, all’indirizzo di parti vitali del corpo della vittima, in assenza di pericolo di vita attuale e concreto per alcuno dei colleghi in servizio”.

A questo si aggiunge “l’assenza di qualsiasi titolo giuridico di natura sanitaria per poter limitare la libertà personale di Guerra. E che, nonostante tale assenza, Guerra sia stato fatto oggetto di un lungo inseguimento, prima del precipitare degli eventi”.

“Abbiamo fatto un passo in avanti – commenta la sorella della vittima, Elena – verso l’obiettivo che ci sta più a cuore da quel maledetto 29 luglio: ridare un minimo di giustizia e di dignità a mio fratello”.

Pubblicato: Lunedì, 13 Febbraio 2017 17:37

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