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Mansur, il collezionista di “fogli di via” “Il mio sogno? Diventare un siciliano”

art rep 1-2-17la Repubblica, 01-02-2017
FRANCESCO VIVIANO

È sbarcato undici anni fa a Lampedusa. Da quel momento è stato fermato diverse volte e “invitato” a lasciare il Paese entro una settimana. Non l’ha mai fatto e ora fa il posteggiatore

“Documenti? Non ne ho”. Passaporto, carta d’identità, permesso di soggiorno? “No, non ho nulla, ho solo una decina di “fogli di via” della Questura di Trapani, Palermo e Agrigento. Si dice che devo ritornare entro sette giorni nel mio Paese d’origine, la Tunisia. Ma io non ci voglio andare e da dieci anni vivo qui a Palermo”.

Questa è la storia di Mansur (il suo vero nome è un altro, ndr), 31 anni, tunisino, che da 10 anni vive da clandestino in Italia, a Palermo. All’ufficio immigrazione è conosciutissimo, il suo fascicolo è molto corposo, ha anche qualche piccolo precedente penale per rissa e oltraggio a pubblico ufficiale: “Ma solo perché - si giustifica - ero ubriaco. Io non sono violento, vivo in pace e vorrei essere lasciato in pace”.

Come mai non è stato mai rimpatriato? Lei è tunisino e con il suo Paese c’è un accordo con l’Italia per i rimpatri. Quando la fermano che succede?
“Non lo so di preciso, la polizia mi dice che il mio Paese non mi riconosce, che non sa chi sia, ma loro sanno chi sono. Sono nato lì, la mia famiglia, mio padre, mia madre e i miei due fratelli minori vivono in Tunisia. Comunque ci sono sempre “problemi” che mi consentono di rimanere in Italia. Io non ho mai detto bugie, ho sempre detto chi sono, non ho mai avuto documenti falsi che si possono recuperare facilmente e con pochi soldi come hanno fatto alcuni miei connazionali. Ma io non voglio, io voglio ottenere il permesso di rimanere in Italia, ho fatto richiesta di “asilo comunitario” (così lo chiama Mansur, ndr) e il mio avvocato dice che prima o poi lo otterrà”.

Ha un avvocato? Come lo paga? Lei fa il posteggiatore e guadagna 15-20 euro al giorno, che le bastano soltanto per le sigarette, i panini e qualche bicchiere di vino. Vive in una automobile abbandonata…
“No, non lo pago, è un avvocato che voi chiamate “d’ufficio”, che lo paga il vostro Stato. Lo vado a trovare almeno una volta al mese, ma la sua segretaria mi dice sempre che non c’è, che è impegnato, che è fuori e così io aspetto, da dieci anni. Ma mi ha promesso che ho diritto a rimanere in Italia e così aspetto”.

Da quando aspetta?
“Da quando sono sbarcato a Lampedusa, nel 2006. Avevo poco più di vent’anni, eravamo un gruppo di disperati partiti dalla Tunisia con una barchetta di legno dal porto di Madhia che era il punto più vicino alla Sicilia, 30 o 50 miglia. E da allora, fino ad ora, vivo qui in Italia, a Palermo, ma sempre da clandestino. Non ho più documenti, ma una decina di “fogli di via” in tasca della Questura che mi dicono di andare via. Ma dove? Molti poliziotti e carabinieri ormai mi conoscono e non mi fermano più perché non riescono a rimpatriarmi. Io voglio rimanere in Italia e in Tunisia ci vorrei tornare, ma da turista”.

Quando l’hanno fermato la prima volta?
“Tanti anni fa, ero sbarcato a Lampedusa ma non sono andato nel Centro di Accoglienza, mi ero nascosto vicino al porto insieme ad altri. Poi è arrivato un italiano e mi ha scoperto, ho chiesto aiuto, gli ho detto che avevo dei parenti a Bergamo, gli ho dato il numero di telefono di mio zio e lui ha chiamato. Si è accertato che dicevo la verità e mi ha aiutato. Mi ha comprato un biglietto dell’aliscafo per Agrigento, mi ha messo un giornale sotto braccio e mi sono imbarcato”.

E poi?
“Sono arrivato a Porto Empedocle, ho preso un treno per Palermo dove avevo qualche conoscente e qui sono rimasto. Una sera mi ha fermato la polizia e mi ha spedito nel Centro di Accoglienza di Trapani dove dopo alcuni mesi mi hanno “liberato” dandomi il “foglio di via” per ritornare a Tunisi”.

E invece che ha fatto?
“Sono tornato a Palermo dove dopo poco tempo mi hanno fermato di nuovo e sono finito nel Centro di accoglienza di Caltanissetta. Anche lì la stessa storia e dopo alcuni mesi mi hanno “liberato” consegnandomi un altro “foglio di via”. Ma io sono ritornato nuovamente a Palermo dove ho imparato un mestiere, il posteggiatore. Ho tanti clienti, mi vogliono bene, mi danno le chiavi delle loro automobili, io lavoro dalle 8 del mattino fino alle 8 di sera perché molti impiegati finiscono a quell’ ora di lavorare e io li aspetto. Mi danno dei soldi, dei vestiti…”.

Mansur lei parla inglese e francese, ma ormai è diventato un “palermitano”. Parla anche il dialetto siciliano ma da alcuni mesi è preoccupato. Perché?
“Perché da quando si parla di terrorismo, di Isis, dalle mie parti passano nuovi poliziotti e carabinieri che non mi conoscono e quindi potrebbero fermarmi. Ma ormai ho l’occhio allenato e se arrivano li riconosco subito e scompaio”.

Pubblicato: Mercoledì, 01 Febbraio 2017 11:18

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