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Il peso della tradizione sopravvive alle norme contro le mutilazioni genitali

art huff 31-1-17l'Huffington post, 31-01-2017

Celina, un'insegnante kenyota, teme l'inizio del nuovo anno scolastico. Sa che molte delle sue studentesse di 11 e 12 anni non si presenteranno. Durante le vacanze estive i loro genitali sono stati mutilati. Per loro non ci sarà più la scuola. Ben presto le attenderà un matrimonio imposto dalla famiglia.

Zeinab Hassan vive, invece, in Somaliland. La sua "mutilazione" è avvenuta quando aveva appena sei anni. "È stato terribile. Ancora ricordo il rumore del coltello", dice. Ora, ormai madre di tre figli, è attivista di Action Aid e da anni si batte contro le mutilazioni genitali femminili che, anche se formalmente vietate in moltissimi paesi e da una risoluzione (storica) delle Nazioni Unite, adottata nel 2012 (e ribadita nel 2014 e 2016), restano una pratica diffusa.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che siano 200 milioni le donne e le ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Di queste, 44 milioni non hanno ancora compiuto 15 anni.

La loro autonomia è spezzata così come il loro diritto all'autoderminazione, alla sessualità, a immaginare un proprio futuro. È "il prezzo della sposa", della sua verginità e affidabilità. Poco importa che per molte donne tutto questo abbia un prezzo anche in termine di salute, di rischio per la vita, quando per esempio mettono al mondo un figlio. Il peso della tradizione e di antiche convinzioni sopravvive anche alle norme che vietano le mutilazioni sessuali. Perché, a esercitare il controllo sul corpo della donna non vi è solo la famiglia ma un'intera comunità con le sue regole sociali difficili da spezzare, pena l'esclusione.

Succede in molti paesi, non solo in Africa, anche se qui la pratica è più diffusa che altrove. Resiste, per esempio, con tenacia in Egitto, Eritrea, Mali, Somalia. Lambisce le nostre città. Alcuni casi, infatti, sono stati segnalati anche in Europa, in America del Nord e in Australia anche se ogni statistica è arbitraria, essendo un fenomeno che vive nella totale illegalità. A volte sono le vacanze scolastiche il momento più a rischio per le giovanissime immigrate con la famiglia che decide il ritorno al paese d'origine quando è giunto il tempo di farle "mutilare".

A lanciare l'allarme è la ONG "Non c'è pace senza giustizia" - da anni attiva contro le mutilazioni genitali femminili - che, oggi e domani, alla Farnesina, discuterà di leggi, di tutela dei diritti umani, di empowerment delle donne, a partire dalla adolescenti, chiamando a un confronto le protagoniste (del Nord e del Sud del mondo) della battaglia per l'eliminazione totale delle mutilazioni genitali femminili.

"Vogliamo che le future generazioni non debbano subire ciò che è toccato a noi". È ancora Zeinab Hassan che parla dal Somaliland dove l'85 per cento delle ragazze subisce la forma più estrema di "mutilazione", quella dell'infibulazione. Per lei la "tolleranza zero" verso queste pratiche è il primo passo per pensare a un futuro di diritti per le donne.

Pubblicato: Martedì, 31 Gennaio 2017 12:27

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