Notizie
Migranti, il rapporto: «Cie inefficaci, producono clandestini invece di aiutare le espulsioni»
Corriere della Sera, 4 gennaio 2017
di Giovanni Bianconi
La Commissione diritti umani del Senato: «Sostanziale fallimento del piano europeo, a un aumento delle persone identificate non corrisponde quello dei migranti ricollocati o delle persone rimpatriate»
Il bilancio dell’approccio hotspot non può che considerarsi deficitario ed evidenziare un sostanziale fallimento del piano europeo: a fronte del raggiungimento di un tasso di identificazioni di oltre il 94 per cento, non sono corrisposti risultati positivi in termini di persone ricollocate e persone rimpatriate». Qualche numero: «Alla fine di dicembre 2016, sono state ricollocate dall’Italia in altri Stati membri solo 2.350 persone sul totale di 40.000 previste dal piano europeo». Appena il 5 per cento.
«La funzione del Cie è praticamente esaurita»
L’ultima fotografia scattata dalla Commissione diritti umani del Senato sui Centri di identificazione ed espulsione in Italia risale a tre giorni fa, è aggiornata con i dati relativi al 2016, e mostra che la quota di persone distribuite sul continente o rispedite nel Paese d’origine è molto inferiore alla soglia programmata o perseguita dalle varie strategie governative. La più recente, annunciata dal Viminale, prevede il ritorno ai Cie, ma dalla relazione della commissione presieduta da Luigi Manconi, senatore del Pd come il ministro dell’Interno Marco Minniti, emerge una critica nemmeno troppo velata. Perché «proprio alla luce dell’elevatissima percentuale di persone identificate all’interno degli hotspot e alla disponibilità immediata di dati anagrafici e impronte digitali in una banca-dati condivisa da tutte le forze di polizia degli Stati membri, la funzione istituzionale dei Cie risulta residuale se non praticamente esaurita».
La difficoltà nei rimpatri
Insomma, se tra i migranti si vogliono cercare e fermare in tempo i potenziali terroristi o le persone considerate pericolose perché hanno già commesso reati, è un problema di polizia e di coordinamento tra apparati, soprattutto a livello europeo; non di identificazione. E nemmeno di espulsione, visto l’esito di quella ordinata — prima in Italia e poi in Germania — nei confronti di Anis Amri, lo stragista di Berlino. «L’analisi dei dati conferma le difficoltà nell’eseguire i rimpatri e l’inefficacia dell’intero sistema di trattenimento ed espulsione degli stranieri irregolari», denuncia la relazione. Durante i primi nove mesi del 2016, su 1.968 persone passate dai Cie, ne sono state rispedite indietro solo 876, cioè meno della metà. E negli anni precedenti, quando i numeri erano più alti, si è sempre rimasti intorno alla soglia del 50 per cento. Gli altri diventano automaticamente irregolari.
Gli hotspot
Un’altra fabbrica di clandestini sono gli hotspot dove vengono raccolti i migranti prima dello smistamento secondo le indicazioni europee. Quelli che fanno domanda di asilo politico entrano in un circuito separato, mentre chi non lo chiede è destinato al rimpatrio. In teoria. Tra il settembre 2015 e il gennaio 2016, tra quelli sbarcati a Lampedusa 74 sono stati distribuiti nei Cie, mentre 775 (più del 18 per cento sul totale degli arrivi) hanno ricevuto l’ordine di lasciare il Paese entro sette giorni, verosimilmente non rispettato: «Di fatto sono destinati a rimanere irregolarmente sul territorio italiano, e a vivere e lavorare illegalmente e in condizioni estremamente precarie nel nostro Paese». I dati sull’hotspot di Taranto, relativi al periodo marzo-ottobre del 2016, riferiscono di 14.576 migranti transitati da quella struttura, di cui solo 5.048 (il 34 per cento) arrivati con gli sbarchi; gli altri «sono stati rintracciati sul territorio italiano e condotti a Taranto per essere identificati». Una pratica che secondo la Commissione «desta molte perplessità». Il 22 ottobre ne sono arrivati un centinaio da Milano, raccolti di notte intorno alla stazione; i successivi controlli hanno appurato che «alcuni avevano già avviato la procedura per la richiesta d’asilo, erano in possesso di regolare permesso di soggiorno e disponevano di un posto nel circuito di accoglienza». Anche a Taranto, come dagli altri Centri, chi non ha diritto all’asilo è destinato alla clandestinità. Nonostante la grande maggioranza aspiri a un lavoro, o già lo eserciti nelle pieghe nascoste della società. «C’è la tendenza a spingere verso l’illegalità criminale coloro che invece vorrebbero emergere nella legalità della regolarizzazione» spiega il presidente Manconi, per il quale una soluzione adeguata può essere cercata solo con adeguate politiche sociali.