Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Home a buon diritto

Notizie

Rifugiati, l'Unhcr premia con un logo le aziende che li assumono

art rep 29 setla Repubblica, 29-09-2016

ANDREA SCUTELLA'

L’iniziativa nasce da una sinergia dell’Alto commissariato con Confindustria e il Ministero del Lavoro. Sami (Unhcr): “La mancata integrazione costa di più della spesa per l’inclusione”

ROMA - Premiare le aziende che si impegnano nell’inserimento lavorativo dei rifugiati. È questo lo scopo del progetto “Welcome. Working for refugee integration”, messo a punto da Unhcr in collaborazione con Confindustria e il Ministero del Lavoro. Le imprese selezionate riceveranno il logo simbolo della campagna, spendibile nella propria comunicazione.

Come ottenere il logo. In cima alla lista dei requisiti c’è l’assunzione di rifugiati o la prova concreta di aver favorito il loro inserimento lavorativo “attraverso programmi efficaci di formazione”. Saranno premiate anche le imprese che si impegnano nel sostenerli concretamente o organizzano attività per “favorire il dialogo interculturale”. C’è molta attenzione sulla strada dell’autoimpiego: le aziende che forniscono ai rifugiati le competenze necessarie saranno tra quelle prese in considerazione.

Da New York a Roma. Secondo Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa, questa iniziativa s’inserisce nel solco dello spirito del summit Onu di New York su rifugiati e migranti. “Molti hanno parlato di una dichiarazione finale retorica – spiega -, ma noi crediamo che non sia così perché sancisce due principi su cui non si era mai trovato un accordo: la condivisione delle responsabilità e la complementarità tra attori pubblici e privati. L’integrazione di 65,3 milioni di persone, non può essere responsabilità solo di alcuni”.

“La mancata integrazione conviene di meno”. La portavoce, infatti, ricorda come il 90% di queste persone vive in paesi poveri o in via di sviluppo e porta l’esempio dell’Uganda, che accoglie 700mila rifugiati e ha visto un incremento di 100mila sfollati sud-sudanesi solo nel mese di luglio. È un problema che deve essere affrontato con soluzioni durevoli, dunque, che permettano l’integrazione del rifugiato nel paese d’asilo. “Oggi i costi della mancata integrazione – spiega Sami – sono più onerosi della spesa per l’inclusione: se nel 2011 avessimo speso lo 0,11% in più di Pil in questo ambito, nel 2017 avremmo avuto un ritorno dello 0,3%”.

I progetti del Ministero. Oggi la necessità è quella di impegnarsi sempre di più “in processi di inclusione reale, lavorativa per gli adulti, scolastica per i giovani”, spiega Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro. Il Ministero si sta muovendo verso questa direzione “Per quanto riguarda gli adulti – spiega – c’è già il progetto ‘Insider’ che prevede 675 tirocini per rifugiati iscritti al programma Spraar. Per i minori non accompagnati, invece, stiamo lanciando il progetto ‘Percorsi’, che si occuperà di gestire la transizione verso la società adulta: un inserimento pre-lavorativo che possa fornire anche un reddito”.

“Attenzione alle tensioni sociali”. Premiare chi integra i rifugiati nel mondo del lavoro, secondo Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del Senato è anche un modo per sottrarre la questione dei rifugiati alla “dimensione dell’emotività, che genera da un lato una retorica velleitaria, dall’altro la galvanizzazione dei sentimenti xenofobi, sfruttati sul piano politico da imprenditori della paura”. Le categorie dell’economia e della demografia, allora, sono le uniche capaci di riportare i dati al centro e rendere il problema misurabile. Il senatore, tuttavia, mette in guardia dai pericoli insiti nel considerare l’immigrazione una risorsa economica: “Attenzione non è solo un’opportunità positiva, impatta su un paese che ha una crisi economica e produce anche molte tensioni, perché la nostra organizzazione sociale fa sì che il peso della presenza straniera ricada sugli strati popolari più deboli. È un percorso scosceso, pieno di incertezze, scivoloso”.

Pubblicato: Giovedì, 29 Settembre 2016 13:01

Citrino visual&design Studio  fecit in a.d. MMXIV