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Aldrovandi, dopo 11 anni questa Italia è ancora malata

federico aldrovandiLettera43, 26-09-2016
Massimo Del Papa

Il 25 settembre 2005 Federico fu ucciso dalla polizia. I casi Emmanuel e Tiziana dimostrano che oggi si parteggia comunque per gli aguzzini. E contro le vittime.

Ti sei fermato a quella faccia, alla leggerezza, ai riccioli dei vent'anni.
Federico Aldrovandi ti chiamavi e il tuo nome è diventato il ricordo di una brutta storia, una storia di sopruso e di tragedia.

Avevi quasi vent'anni e ne avresti 29, ma ti sei fermato là, in una strada di Ferrara dove ti hanno controllato alle 5 del mattino e quella fu la tua ultima notte, non ancora alba.
Sei diventato una battaglia, una associazione, un comitato.

TORTURE SENZA LEGGE. Sei diventato, assieme ad altri come te, un percorso per una legge contro la tortura, ma la legge si è arenata, perché i parlamentari non c'erano, cose che capitano, se ne riparlerà.
Ti hanno preso in quattro divise, hanno detto che davi i numeri, pochi minuti dopo è arrivata l'ambulanza ed è finito tutto: non serviva più.

Sempre lo stesso copione, anche per altri come te, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi: davano i numeri, erano sballati.

Sballato quella notte tu lo eri, questo è sicuro, ma anche così la faccenda non torna, perché ci sono tanti professionisti del veleno e della morte ai quali nessuno tocca un capello: che corra rispetto tra loro e chi li deve fermare?
Allora sei diventato, senza esserlo più, un problema.

LIEVI PENE AI POLIZIOTTI. Bisognava capire cosa fosse successo, tua madre non aveva e non si dava pace, lo Stato si è costretto a guardare in fondo a se stesso, a giudicare se stesso.
Lo ha fatto e alla fine, caso raro se non unico, chi aveva spezzato i manganelli su di te è stato condannato in via definitiva, anche se le pene sono state sfiorate più che scontate: oggi chi ti raggiunse quella notte può di nuovo raggiungere altri.

Succede sempre così, non soltanto qui, ma forse qui un po' di più.

Parlamentari che non hanno compassione, empatia, sentimenti

Comunque hai avuto, come si dice, giustizia.
Hai avuto anche popolarità, rimpianto e retorica, non sempre limpida perché il nome tuo, il nome di quelli come te, viene usato sia come alibi, un alibi a volte bugiardo, sia come pretesto: c'è sempre il solito paraculo che pretende di delinquere in libertà e appena lo fermano sbraita il tuo nome, e c'è sempre il solito parlamentare che se ne esce con la storia che così si infangano le forze dell'ordine, cosa che non significa niente perché qui nessuno mette sotto accusa un intero corpo di polizia, ma semplicemente chi, in quattro contro un ragazzino, non è capace di lasciarlo vivo.

E questi parlamentari che ripetono sempre la stessa storia, si tratti di un ragazzino uscito sballato da un locale o di un rifugiato nigeriano ucciso a botte, semplicemente non hanno nessuna compassione, nessuna empatia, non hanno sentimenti. È questo il loro problema.

BIBBIA SEMPRE STRAVOLTA. Non vogliono capire che c'è un Caino e c'è un Abele e che, a prescindere da cosa uno avesse in corpo, non si può sempre stravolgere la Bibbia dipingendo Caino come vittima e Abele come carnefice.

Tu oggi avresti quasi 30 anni e scopriresti che da quel 25 settembre 2005 il mondo non è migliorato un granché, tutt'altro; che quello che è successo a te è continuato a succedere; che perfino in Egitto a uno poco più grande di te, Giulio si chiamava, all'alba del 2016 hanno fatto le stesse cose, e ancora resta da capire come e perché, ma vedrai che non si capirà mai.

Ma probabilmente vivere ti piacerebbe lo stesso, perché non si può morire a vent'anni, con tutti i calendari davanti da spendere e da maledire, con tutte le stagioni in cui crescere e cambiare.

FACCIA GONFIA E SANGUE. Invece ti sei fermato alla faccia, alla vanità, agli occhi dei vent'anni.

Ti ricordano, questo sì, ma il ricordo è assenza. E assenza presente è la tua faccia gonfia, su uno sfondo di sangue: sotto il giubbotto avevi più di 50 traumi.

Emmanuel e Tiziana: soprusi e violenze sgorgano ovunque

Almeno fosse servito.
Almeno non succedesse mai più.

Ma c'è poco da sperare, perché gli uomini, dentro o fuori una divisa, sono uomini e qui pare che tutti diventino sempre meno umani, facciano fatica a controllarsi.

Più si parla di diritti, di tutele, di rispetto e più, per qualche misteriosa ragione, sgorga il contrario, il sopruso, la violenza da tutte le parti. Da tutte le parti.

SOCIETÀ IN FRANTUMI. E la società va in pezzi, le mancano gli anticorpi borghesi che bene o male la difendevano, la immunizzavano: è come se tutto non tenesse più, se i fiotti di rabbia e di indecenza fuggissero da tutte le parti.

Sai cosa viene in mente, a scrivere di te in questo anniversario?
Tre episodi in pochi giorni: un nigeriano ammazzato a pugni a Fermo, una ragazzina violentata per tre anni da un branco in Calabria, una giovane che ha pagato troppo cara la vanità di alcuni filmetti osceni.
Be', in tutti e tre questi casi i colpevoli sono stati fatti coincidere con le vittime: erano loro a essersela cercata, loro ad avere provocato l'umanità, loro che dovevano tacere e subire.

INTERNET IMPIETOSO. La stessa 'società', che oggi si è trasferita tutta in queste bolle chiamate social media e da lì, senza volto e senza nome, giudica e manda come padreterni meschini e scatenati, non ha avuto pietà, la società dissociata di internet e dei campanili che nascondono la rabbia si è puntualmente schierata in favore dei carnefici.

Come facciamo a sperare in un rinsavimento dell'umanità, in un riscatto della decenza e della commozione che impedisca altri soprusi, altre ricorrenze dell'assenza?
Ma tutto questo non ti riguarda più, perché ti sei fermato, cioè ti hanno fermato, 11 anni fa.
Sei un altro di quelli che, dal silenzio di una fotografia, ripete la frase di Paul Nizan: «Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita».

Pubblicato: Lunedì, 26 Settembre 2016 12:43

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