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Dichiarazione choc: Se la polizia avesse ucciso Regeni avrebbe usato metodi più innovativi

L'Espresso, 4 luglio 2016

di Brahim Maarad

Il giornalista Mustafa Bakry voce del governo attuale, durante una trasmissione in prima serata parla della morte del ricercatore italiano. E nel goffo tentativo di assolvere la polizia e gli Interni spiega in sostanza quali sono i modi attuati per fare sparire i dissidenti: «Lo avrebbe messo nel cemento e nascosto, non sarebbe andata a denunciare se stessa»

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«Se la polizia avesse ucciso Regeni non l’avrebbe certamente buttato per strada. Ci sono altri modi. Lo avrebbe nascosto. Lo avrebbe messo nel cemento e nascosto, non sarebbe andata a denunciare se stessa». La dichiarazione scioccante è stata pronunciata da Mustafa Bakry, uno dei giornalisti egiziani più noti e attuale membro della Camera dei deputati. Sabato scorso in prima serata, mentre faceva la parte dell’opinionista esperto per la trasmissione “Gli occhi d’Egitto” in onda su Alhadath, il canale egiziano del network saudita di AlArabiya. Lo stesso che ospita la trasmissione della giornalista che in passato ha mandato Giulio al diavolo.

Nel corso di una trasmissione su uno dei canali principali egiziani, il giornalista e parlamentare Mustafa Bakry, mentre parlava della morte di Giulio Regeni, ha dichiarato: «E' pensabile che la polizia egiziana uccida Regeni e lo butti per strada vicino a Hazem Hassan? E’ possibile che lo torturi in questo modo? Ci sono metodi più innovativi. E se l'avesse fatto, l’avrebbe nascosto. Lo avrebbe messo nel cemento e nascosto, non andrebbe a denunciare se stessa»   

Tema principale della trasmissione è stato l’emendamento Regeni con cui il Senato italiano ha deciso di bloccare la fornitura dei pezzi di ricambio per gli F16 che ha l’Egitto in dotazione. Una decisione che non è andato proprio giù al Paese arabo ora guidato dai militari. Bakry l’ha definito «un provvedimento pericoloso che potrebbe portare a conseguenze ancora più gravi». La linea difensiva è sempre la stessa, quella tracciata dal presidente alSisi e percorsa con precisione da tutti i membri del governo. «Le autorità egiziane hanno fatto tutto il possibile, la delegazione che è stata inviata a Roma ha fornito tutte le prove con assoluta trasparenza». Non è chiaro cosa intenda per tutto il possibile e nemmeno di quali prove parli, vista la negligenza dimostrata dagli inquirenti del Cairo in più riprese.

In ogni caso l’opinionista, voce del governo attuale, ha dato il peggio di sé parlando dell’uccisione del ricercatore italiano. Nel goffo tentativo di assolvere la polizia e gli Interni ha in sostanza spiegato quali sono i modi attuati per fare sparire i dissidenti: «E’ pensabile che la polizia egiziana uccida Regeni e lo butti per strada vicino a Hazem Hassan? E’ possibile che lo torturi in questo modo? Ci sono metodi più innovativi. E se l’avesse fatto, l’avrebbe nascosto. Lo avrebbe messo nel cemento e nascosto, non andrebbe a denunciare se stessa. Il primo che guidava un minibus ha trovato la vittima».

E per concludere ha fornito anche colpevole e movente. «Immagino che sia una mossa in uno scontro tra servizi segreti stranieri. E il signore aveva un lavoro nei servizi segreti. Nel suo hard disk sono stati trovati più di 500mila file». Il conduttore della trasmissione, Hatem Numan, si è limitato ad annuire confermando e prendendo quasi per scontato tutto ciò che viene affermato dal suo prestigioso ospite.

Ad avvalorare la versione raccontata dal testimonial del regime ci sono anche i numeri. In occasione del terzo anniversario del golpe militare sono stati pubblicati diversi rapporti delle associazioni dei diritti umani su sparizioni forzate e morti nelle carceri. Numeri da una guerra silenziosa. Dove libertà e morte sono separate da un filo troppo sottile. Dal 30 giugno del 2013, quando è iniziata la protesta che è sfociata in un colpo di Stato, sono morte in prigione 493 persone. L’ultimo decesso risale al 27 giugno scorso: un 54enne gravemente malato è stato abbandonato in una cella. Non poteva uscirne vivo. E chi lo ha abbandonato lì lo sapeva bene. E uno degli ambienti meno protetti è quello accademico. Secondo alcune organizzazioni per i diritti umani in questi tre anni sono stati uccisi 21 studenti nelle aree universitarie. Quelli arrestati, o scomparsi forzatamente, sono stati invece 1.626.

Pubblicato: Lunedì, 04 Luglio 2016 13:44

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