Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Home a buon diritto

Notizie

Roma, quel business sui rom che resiste alle procure

L'Espressorom-Roma, 22 giugno 2016

Francesca Sironi

Un ufficio nomadi che amministra milioni. Senza trasparenza né controlli. Favorendo coop amiche. E non agevolando i servizi: per includere, integrare, aiutare le comunità. Anzi, dando il modello opposto. Le nuove indagini «non sono che un inizio»: la denuncia di Carlo Stasolla, presidente dell'associazione 21 luglio

E poi, invocano legalità. «Quando è questo l'esempio che danno; è questo lo schema già visto - il vigile urbano, la coop, il funzionario pubblico: un sistema. Corrotto. Ma per l'opinione pubblica il problema sono "quelli" - i rom. E non chi li usa come galline dalle uova d'oro. Per arricchirsi. Senza dare i servizi per cui prendono milioni». Carlo Stasolla è il presidente dell'associazione " 21 luglio ", una onlus che si occupa dei diritti delle comunità rom e sinte in Italia. Non è sorpreso, dice, dai nuovi arresti a Roma per mazzette e favori che gravitavano, ancora una volta, come nelle ramificazioni di Mafia Capitale, sul "business dei rom", calcificato da anni di emergenze, di campi da costruire e amministrare senza trasparenza, di polemiche, di appalti diretti e bandi intarsiati al solo scopo di favorire un sistema di società amiche in cambio di assunzioni, regali, tangenti.

«Non siamo sorpresi, e crediamo sia ancora solo un inizio», spiega Stasolla, che con la sua associazione aveva denunciato nel 2014 i buchi neri della gestione capitolina dei rom mostrando i soldi drenati dalla rete di Salvatore Buzzi ma anche quelli garantiti al Consorzio Alberto Bastiani (il cui presidente è ora indagato per gli arresti di ieri) che aveva ottenuto 2013, solo per la "gestione ordinaria" e la "bonifica" di alcuni campi, 435mila euro in affidamenti diretti.

«Arriveranno altre indagini», è certo Stasolla. «Noi da tempo diciamo che l'unico modo per fermare il malaffare è smantellare "l'ufficio nomadi" del Comune. È già assurdo esista un dipartimento specializzato in una materia che andrebbe superata: i campi, la segregazione. Ma in più, a Roma, in quell'ufficio, sono passati assessori, dirigenti, è passata la bufera di Mafia Capitale, ma nulla cambia», aggiunge.

Ancora questo marzo, spiega, era stato pubblicato un bando per i servizi di vigilanza dei campi: cinque milioni di euro per 21 mesi di pattuglie e controlli. «Dicemmo che era certo, da com'era stato scritto, chi lo avrebbe vinto. Il testo era cucito su misura per alcune coop, fra cui Ermes, che fa parte del consorzio Bastiani. Ed è stato bloccato. Ma era pronto a partire ad aprile».

In più, ricorda : «Quasi tutti i responsabili che si sono succeduti in quegli uffici sono stati poi per vari motivi indagati: da Luigi Lusi (l'ex tesoriere della Margherita) a Luca Odevaine, a Angelo Scozzafava, a Emanuela Salvatori». E adesso, gli altri funzionari. Nel 2013, solo da quel dipartimento, spiega, si amministravano «circa 23 milioni di euro l'anno per la gestione dei campi nomadi. Dopo il terremoto delle indagini su Carminati e Buzzi è stato dimezzato tutto. Ma senza guardare ai servizi. Semplicemente buttando fuori le persone dalle loro case. Sgomberando i campi. Colpendo cioè l'anello più debole: i rom».

Perché questa abitudine all'opacità, «all'omertà», come la definisce Stasolla («avere informazioni da quegli uffici era impossibile: nessun funzionario ci ha mai voluti ricevere, nonostante le collaborazioni con commissari europei e grandi reti internazionali»), questo navigare della burocrazia nei favori più che nelle funzioni («avrei potuto far rispettare di più il mio ruolo, in fondo ero una funzionaria del Campidoglio», ha ammesso Emanuela Salvatori, ex dirigente delle politiche sociali, durante il processo per Mafia Capitale»), questo pensare alle prebende più che ai servizi ha delle conseguenze concrete. «Il fatto che poi, ogni giorno, i rom si trovano a vivere in veri e propri ghetti. Dove nessuno ha mai controllato se quello per cui si pagava, usando milioni di fondi pubblici - attività sociali, bonifiche, pulizie, progetti d'inclusione - veniva portato a termine».

Così, ad esempio, nel loro rapporto "Ultimo Banco" i ricercatori dell'associazione hanno spiegato come, a fronte di 27 milioni di euro spesi in cinque anni dalle casse pubbliche di Roma per l'inclusione scolastica dei bimbi rom, solo il 12 per cento dei minori nei campi sta effettivamente seguendo un percorso a scuola. «Mentre le coop parlavano di percentuali superiori al 50 per cento. In tanti ci hanno criticati, perché questi dati, usciti ad aprile, sono stati usati dalla destra per far demagogia in campagna elettorale. Ma il problema siamo noi che pubblichiamo i dati o chi spende senza verificare? Chi riceve e non aiuta all'integrazione?».

E non è solo una questione pratica, di malservizi e sprechi, di tangenti e bandi che anziché far risparmiare arricchiscono alcuni, pochi. Diventa un problema più profondo. Di modelli: «Cosa possiamo andare a dire poi, noi, ai ragazzini rom? Urlando che "si devono integrare", "andate a lavorare", come gridano tutti. Quando il modello più vicino che hanno quei ragazzi è dato da quel vigile urbano, quel rappresentante della coop, quella dirigente, quel funzionario, che speculano su di loro». Lo sanno bene, nei campi, questo, perché il sistema arriva anche al piano strada: «per ottenere qualcosa bisogna avere amicizie, favori, si paga», continua: «E le scelte che vengono proiettate sui campi non rispondono alla logica, al bene comune, all'idea di servizio. Rispondono ad altre logiche. Come facciamo poi noi a dirgli che il modello da seguire è diverso?».

Ora, è in corso lo sgombero di un campo in via Salaria, spiega Stasolla. Seicento persone espulse. Alcune mandate per strada, altre in diversi campi, altre ancora in case («anche qui, senza una logica precisa sulle famiglie, una logica che sia trasparente o risponda a criteri leggibili»). Ora, c'è un nuovo sindaco, Virginia Raggi, «che speriamo possa dare discontinuità. Possa fare quello che serve: smantellare quell'ufficio, parlare di inclusione e non di ghetti. Lo aspettiamo».

Pubblicato: Giovedì, 23 Giugno 2016 17:09

Citrino visual&design Studio  fecit in a.d. MMXIV