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La sassata di Mattarella: "Il carcere così non va"

carcere 3Da Il Dubbio dell'8 giugno 2016

di Errico Novi

"La Costituzione va rispettata. Serve un profondo cambiamento". Sergio Mattarella nel solco di Giorgio Napolitano sulle carceri. Il presidente della Repubblica ha scritto un messaggio, formalmente rivolto al capo dell'Amministrazione penitenziaria Santi Consolo, che vale però come richiamo per l'intera politica.

"La concreta realizzazione di un sistema rispettoso dell'articolo 27 della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena, e sul senso di umanità cui devono corrispondere i relativi trattamenti, rimane obiettivo prioritario", dice il presidente. Mattarella, in occasione del 199esimo anniversario della Polizia penitenziaria, imprime la prima forte spinta alla riforma dell'ordinamento penitenziario dopo gli Stati generali. Sono passati quasi due mesi da quell'evento voluto dal guardasigilli Andrea Orlando e nulla si è ancora mosso sul piano legislativo.

Nel solco del predecessore Giorgio Napolitano, Sergio Mattarella prende una posizione netta sul tema carcere. Lo fa con un messaggio formalmente rivolto al capo dell'Amministrazione penitenziaria Santi Consolo che vale però come richiamo per l'intera politica: "La concreta realizzazione di un sistema rispettoso dell'articolo 27 della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena, e sul senso di umanità cui devono corrispondere i relativi trattamenti, rimane obiettivo prioritario", dice il presidente.

L'occasione è data dal 199esimo anniversario della Polizia penitenziaria: il Capo dello Stato la coglie per imprimere la prima forte spinta alla riforma dell'ordinamento penitenziario dopo gli Stati generali dell'esecuzione penale. Sono passati quasi due mesi dall'evento conclusivo del dibattito itinerante voluto dal guardasigilli Andrea Orlando e nulla si è ancora mosso sul piano legislativo. Presidente della Repubblica e ministro della Giustizia provano ad aprire almeno un varco nella sostanziale riluttanza opposta finora dal Parlamento sul dossier carceri.

Mattarella fa esplicito riferimento al "nuovo senso delle pene che si va radicando nella cultura sociale e politica, emerso dai lavori degli Stati generali". E ricorda la strada segnata da "istruzione", "lavoro", "apertura alla società esterna" come opzione necessaria per "offrire ai detenuti la scelta del recupero e dell'integrazione". Un terreno su cui verrà messa alla prova la "capacità di innovazione" della polizia penitenziaria, dice il presidente nel suo messaggio. Orlando rilancia l'appello nel proprio intervento alle celebrazioni per i 199 anni del Corpo: "La detenzione non può più essere l'unica stella polare delle nostre politiche penali". Il punto di riferimento è nel "ritorno all'esterno", e per questo, come detto da Mattarella, servono "azioni legate alle politiche del lavoro, della casa, dei servizi alla persona". La svolta dev'essere innanzitutto culturale e deve riguardare l'opinione pubblica prima che la politica: "È giunto il tempo di abbattere la cortina di timore, reciproco silenzio e diffidenza che separa il carcere dal tessuto sociale esterno", scandisce il ministro.

Posizioni coraggiose e contromano, quelle di Capo dello Stato e Guardasigilli, a cui non sarà semplice dare seguito in tempi brevi: la campagna referendaria rischia di congelare ogni iniziativa "di rottura" da parte del governo. Bisognerà quasi certamente attendere il voto sulla riforma costituzionale. D'altronde per dare ora un'accelerazione sulle misure alternative e sugli investimenti per il lavoro in carcere bisognerebbe stralciare la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario dal Ddl sul processo penale. Inimmaginabile che il Senato assegni una corsia preferenziale a un tema controverso come il carcere. È comunque un indizio promettente la presa di posizione di un'altra figura centrale in questo settore, tra i dem, come il capogruppo in commissione Giustizia Walter Verini: "Sono molto giuste le parole del presidente Mattarella, che ha voluto ricordare il senso profondo dell'articolo 27 della nostra Costituzione sulla funzione rieducativa della pena e sul senso di umanità di ogni misura di restrizione della libertà", dice il deputato renziano.

Che vede nel messaggio presidenziale l'indicazione del percorso lungo il quale "legislatore e operatori devono muoversi per andare incontro a un profondo rinnovamento del modello di detenzione". Urge la riforma: che lo dica una prima linea del Pd sulla giustizia è un buon segno. Verini ricorda il cuore del problema: la necessità di "una inversione culturale" che imponga "di considerare la pena e la certezza della pena non come vendetta". Basterebbe applicare la Costituzione.


Le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone

"Dopo la condanna europea del 2013 l'Italia ha messo in piedi delle riforme per decongestionare il sistema. Oggi vi sono 14 mila detenuti in meno rispetto ad allora. Però negli ultimi mesi la decrescita si è purtroppo fermata. Hanno ragione il Capo dello Stato e il ministro della Giustizia quando suggeriscono azioni dirette a favorire l'istruzione e il lavoro. Per fare questo ci vogliono risorse e nuove norme che vadano a modificare l'ordinamento penitenziario.

Per quanto ci riguarda noi proponiamo una serie di riforme per ridurre la popolazione detenuta: depenalizzare e legalizzare cannabis; ridurre e non aumentare le pene per i reati contro il patrimonio; ridurre ancora l'uso della custodia cautelare.
Per ciò che riguarda la vita interna: abolire l'isolamento per i minori; ridurlo al minimo per gli adulti, circoscrivere l'isolamento giudiziario, assicurare la piena libertà religiosa, garantire i diritto alla difesa per gli stranieri, assicurare il diritto ala sessualità, assumere educatori, operatori sociali, mediatori, interpreti e non più poliziotti che sono, in numero percentuale, tra i più alti d'Europa. Anche nei momenti più difficili il sistema si è retto sulle gambe di tutto il personale: polizia, direttori e operatori sociali. A loro va assicurato pieno prestigio sociale ed economico".
Di seguito i dati su lavoro e istruzione riportati nella cartella stampa di presentazione del XII Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione nell'aprile scorso: "Ad oggi poco meno del 30% dei detenuti lavora. Di questi solo una piccola parte (circa il 15%) con datore di lavoro privato. Sono solo 612 i detenuti impiegati in attività di tipo manifatturiero. 208 in attività agricole. Dunque la gran parte lavora per l'amministrazione penitenziaria in attività domestiche. Lavorare in carcere significa essere occupati per poche ore settimanali e guadagnare in media circa 200 euro al mese.

2.376 erano i detenuti iscritti nel secondo semestre 2015 in corsi professionali, pari al 4,55% dei presenti. Erano invece 3.864 nel 2009 per una percentuale del 6,07%. Le Regioni si disimpegnano progressivamente".

Pubblicato: Mercoledì, 08 Giugno 2016 19:18

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