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Chiesta la sanzione per i pm del caso Uva

Giuseppe Uva 150il Dubbio, 07-06-2016
Alfredo Barbato

Sulla morte di Giuseppe Uva resta il mistero. Sulle responsabilità delle forze dell'ordine (sei poliziotti e due carabinieri) che il 13 giugno del 2008 lo tennero in custodia prima del ricovero e del decesso in ospedale, si è pronunciata il 16 aprile scorso la Corte d'Assise di Varese: tutti assolti «perché il fatto non sussiste».

Ma ora a rischiare una sentenza punitiva sono i magistrati che condussero le indagini sul caso dell'operaio di Varese: ieri infatti la Procura generale della Cassazione, rappresentata dal sostituto Giulio Romano, ha chiesto per i due pm, Sara Arduini e Agostino Abate, la "condanna" davanti alla sezione disciplinare del Csm. Secondo l'atto di incolpazione formulato dal sostituto procuratore generale della Suprema corte, il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe infliggere una «censura» ad Arduini, mentre per Abate, che al momento svolge funzioni di giudice a Como, bisognerebbe provvedere con «la perdita di anzianità di 6 mesi e il trasferimento ad altro ufficio».

Nelle "accuse" pronunciate ieri, non vengono avanzati dubbi sulla sentenza, né si allungano nuove ombre su quello che effettivamente avvenne nella caserma dell'Arma di Varese durante la notte tra il 13 e il 14 giugno di 6 anni fa. Secondo la famiglia di Giuseppe Uva, e anche secondo le iniziali affermazioni dell'unico testimone oculare, Alberto Biggioggero, l'operaio che aveva 43 anni fu duramente picchiato dagli agenti. Addirittura circolarono ipotesi di una «vendetta» per la relazione che la vittima avrebbe avuto con la moglie di uno dei poliziotti. Tutte questioni le cui tracce sono andate via via dissolvendosi nel corso del processo, e che comunque ieri al Csm non si è tornati ad affrontare. Nell'atto di incolpazione infatti il sostituto pg Romano spiega: «Non si tratta di entrare nel merito delle valutazioni discrezionali del pm, non ci interessano gli esiti processuali, ma a nostro parere non vi è stata correttezza nel seguire le norme procedurali».

La sezione disciplinare del Csm - deputata appunto a infliggere le sanzioni per i magistrati nei confronti dei quali vengono aperti procedimenti disciplinari - ha ascoltato l'intervento di Romano sotto la presidenza di un consigliere laico, Antonio Leone, ex vicepresidente della Camera dei deputati. La camera di consiglio è fissata per questa mattina, e sempre in giornata dovrebbe essere pronunciata la sentenza. I dubbi sulla correttezza dei due magistrati inquirenti furono avanzati anche al processo per la morte di Uva, nel corso della requisitoria, che fu pronunciata lo scorso 15 gennaio dal procuratore di Varese Daniela Borgonovo: anche lei parlò di «anomalie» che «hanno reso più complicato accertare la verità».

Come il fatto di non iscrivere subito poliziotti e carabinieri nel registro degli indagati, circostanza che non ha permesso loro di nominare propri consulenti. Ma anche il capo dei pm dell'ufficio lombardo sostenne che «non ci fu un pestaggio: i testimoni che hanno riferito di percosse», spiegò davanti alla Corte d'Assise, «o hanno ritrattato o sono stati smentiti dai fatti». Una ricostruzione che la sorella dell'operaio deceduto esattamente 6 anni fa, Lucia Uva, ha contestato come «assolutamente parziale». E a cui però il collegio giudicante ha creduto.

Pubblicato: Martedì, 07 Giugno 2016 11:56

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