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Rapporto di Human Rights Watch. "Così la Turchia ferma i profughi: sparando"

immigrati 4Ristretti orizzonti, 12-05-16
Umberto De Giovannangeli

Picchiati. Presi a bersaglio. Utilizzati come arma di ricatto contro una Europa complice del gendarme di Ankara. Le guardie di frontiera turche sparano ai richiedenti asilo siriani che cercano di raggiungere la Turchia. A rilanciare la denuncia, già fatta il mese scorso, è ancora una volta Human Rights Watch (Hrw).

Secondo l'ong Usa, "l'uso eccessivo della forza" da parte dell'esercito di Ankara contro rifugiati e trafficanti di esseri umani ha causato la morte di 5 persone, tra cui un bambino, e il ferimento grave di altre 14. Hrw ha inviato ieri una lettera al ministero degli Interni di Ankara chiedendo di "investigare sull'uso eccessivo della forza da parte delle sue guardie di frontiera", accusate anche di picchiare i richiedenti asilo.

Secondo la denuncia, l'esercito turco ha ucciso a colpi d'arma da fuoco 3 richiedenti asilo siriani (un uomo, una donna e un minore di 15 anni) e un trafficante di esseri umani, e picchiato a morte un altro trafficante. L'ong sottolinea anche come il governo turco continui a proclamare una "politica delle porte aperte" nei confronti dei siriani "nonostante stia costruendo un nuovo muro di confine" - già completato per 1/3 - e una pratica di respingimenti di profughi alla frontiera, che prosegue "almeno da metà agosto".

Hrw ha chiesto ad Ankara una effettiva riapertura della frontiera. Il mese scorso, alla vigilia dell'avvio delle espulsioni dalla Grecia nell'ambito dell'accordo Ue-Turchia, anche Amnesty International aveva sollevato pesanti accuse - seccamente respinte dal governo turco, come quelle di Hrw - di rimpatri forzati di rifugiati in Siria.

I campi di Al Iqaa e di Kamuna, a pochi chilometri dal confine turco, ospitano soprattutto profughi respinti alla frontiera, secondo gli operatori umanitari che vi lavorano. Questi due campi sono stati colpiti da artiglieria (Al Iqaa il 24 aprile) e da un bombardamento (Kamuna il 5 maggio) e molti profughi in quell'occasione sono rimasti uccisi o feriti. Non sarebbero stati lì, se la Turchia non avesse sbarrato loro la strada. Human Rights Watch ha intervistato vittime e testimoni di sette sparatorie delle guardie di frontiera al confine.

E può documentare cinque omicidi, il ferimento di otto profughi (fra cui tre bambini di 3, 5, e 9 anni) e il pestaggio di altri 6 profughi. Testimoni siriani che vivono vicino al confine hanno raccontato di come le guardie hanno sparato loro addosso mentre tentavano di recuperare i corpi dalla barriera di confine. Uno dei testimoni ha filmato i corpi delle vittime e dei feriti e ha consegnato il video a Hrw. Altri testimoni hanno raccontato che le guardie usano altoparlanti per avvisarli di non avvicinarsi al confine perché spareranno a chiunque tenti di attraversare.

"L'Unione Europea non dovrebbe stare a guardare mentre la Turchia usa proiettili e i calci dei fucili per fermare il flusso di profughi siriani", afferma Gerry Simpson, il ricercatore di Human Rights Watch autore del rapporto. "Le autorità europee dovrebbero riconoscere che il loro semaforo rosso imposto ai rifugiati significa un semaforo verde alla Turchia per chiudere i sui confini. Ne pagano il prezzo persone in fuga dalla guerra che non hanno nessun altro posto dove andare".

E ancora: "Mentre alcuni funzionari turchi affermano di accogliere i rifugiati siriani a braccia aperte, le loro guardie di frontiera li uccidono e li picchiano - aggiunge Simpson - Sparare a uomini traumatizzati, donne e bambini in fuga da combattimenti e dalla guerra è veramente spaventoso". Profughi e non solo. L'Alto commissariato dell'Onu per i diritti umani ha chiesto alla Turchia di permettere l'invio di osservatori nel sud-est del Paese per indagare sulle denunce di civili disarmati uccisi deliberatamente dalle forze di sicurezza di Ankara nell'ambito delle operazioni in corso dalla scorsa estate contro il Pkk e altri gruppi ribelli curdi affiliati.

Tra i casi da accertare ci sono quelli di decine di persone arse vive nell'incendio di uno scantinato a Cizre, nella provincia di Sirnak. "Mentre La Turchia ha il dovere di proteggere la sua popolazione dagli atti di violenza. Dunque non sorprende che la Standard Ethics abbia declassato il rating etico attribuito alla Turchia da "E+" a "E".

Il declassamento tiene conto del recente rapporto della Commissione europea sulla Turchia e dell'ultimo rapporto di Amnesty: "Standard Ethics prende atto che la situazione dei diritti umani è sensibilmente peggiorata dalle ultime elezioni parlamentari.(giugno 2015)". Secondo l'agenzia "il pieno rispetto dei diritti fondamentali, della libertà di espressione, del diritto alla libera riunione, la protezione dei dati personali e delle persone appartenenti a minoranze, non sono garantiti".

L'Unità, 12 maggio 2016

 

Pubblicato: Giovedì, 12 Maggio 2016 14:04

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