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Islam, discriminata sul lavoro per il velo. Il giudice: "Sara può fare la hostess"

art rep 6 magla Repubblica, 06-05-2016
ZITA DAZZI

Scartata alle selezioni in fiera per motivi estetici ora ha vinto la sua battaglia. La tesi della studentessa accolta dalla Corte d'appello. Ora vive a Londra: "Qui meno difficoltà lavorative"

Anche le ragazze che indossano il velo islamico hanno diritto a un lavoro come hostess nelle fiere commerciali. Lo stabilisce la sentenza della Corte di appello di Milano che ribaltato la sentenza di primo grado del tribunale di Lodi e ha dato ragione a Sara Mahmoud. La studentessa universitaria, italiana, figlia di genitori egiziani, aveva denunciato una società specializzata nella ricerca del personale che le aveva impedito di partecipare alle selezioni per assumere alcune ragazze addette all'accoglienza e ad accompagnare i clienti di una fiera di scarpe che si doveva tenere a Milano due anni fa.

Sara - che oggi è andata a vivere a Londra anche perché lì non trova tutte le difficoltà riscontrate in Italia per trovare lavoro - si era rivolta agli avvocati dell'Asgi, associazione studi giuridici sull'immigrazione, per sporgere denuncia. Il giudice della corte d'appello ha sancito la natura "discriminatoria" del comportamento della società che aveva escluso la studentessa adducendo motivi riguardanti le caratteristiche estetiche omogenee che dovevano avere le hostess ingaggiate per l'evento.
 
"In dibattimento abbiamo spiegato che la giovane lavoratrice era stata discriminata perché il requisito che coinvolge il fattore religioso gode di particolare tutela - spiega l'avvocato Alberto Guariso - L'azienda può mettere come condizione per l'assunzione la necessità che una donna islamica tolga il velo indossato per motivi religiosi solo se questo è essenziale per la prestazione lavorativa e se il sacrificio imposto alla lavoratrice è proporzionato all'interesse dell'azienda". La tesi della difesa è stata accolta dalla Corte che ha condannato la società a risarcire il danno non patrimoniale nella misura di 500 euro.

"E' una sentenza molto importante - aggiunge Guariso - perché riconosce che il diritto all'identità religiosa è un elemento essenziale delle società democratiche e deve essere sempre garantito anche quando comporta il sacrificio di esigenze del datore di lavoro non altrettanto rilevanti, come quelle estetiche".

Pubblicato: Venerdì, 06 Maggio 2016 10:46

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