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Un ergastolano invitato in Vaticano da Papa Francesco

Carmelo Musumeci
Carcere di Padova, Dicembre 2014

La Comunità Papa Giovanni XXIII conferma la richiesta di poter accompagnare Musumeci Carmelo in udienza pontificia a noi riservata il prossimo 20 dicembre 2014 con Papa Francesco.
Questo evento speciale a noi riservato per l’avvio della causa di beatificazione del nostro fondatore Don Oreste Benzi, che già incontrò Musumeci nel 2007 al carcere di Spoleto, assume un’importanza ancora maggiore dopo il discorso del Papa del 23 ottobre scorso alla delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale. Poiché questa Comunità sostiene da anni a fianco di Musumeci una campagna contro la pena del carcere a vita, chiediamo di poter accompagnare Musumeci Carmelo e la sua famiglia a questo incontro.
(Fonte: Disponibilità per il Tribunale di Sorveglianza per accompagnamento e tutoraggio di Carmelo Musumeci, da parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio).

Papa Francesco, sono entrato nel ventiquattresimo anno di “Pena di Morte Nascosta”, come la chiami tu. E quando ieri mi è arrivata la notizia che i fratelli e le sorelle della Comunità Papa Giovanni XXIII mi hanno inserito nella lista delle persone che t’incontreranno nella Città del Vaticano non ho chiuso occhio. Ho passeggiato, avanti e indietro. Su e giù. A passi lenti. Da una parte all’altra delle pareti della mia cella per tutta la notte. Ti confesso che di notte, per prendere sonno, passeggio spesso per la mia tomba. A testa bassa. E altrettanto spesso la morte cammina accanto a me. Ti confido che sono stanco di pensare. A volte troppo stanco per vivere. Pure stanco di aspettare un giorno che non verrà mai. Ti svelo che spesso ho tanta voglia di arrendermi alla vita perché penso che sia inutile continuare a vivere una vita inutile. Perduto fra la tristezza e la malinconia.

Papa Francesco, ti confesso che spesso nel mio cuore non c’è più nessuna speranza. E sono stanco di sperare e contare i giorni e le notti all’infinito. Sono pure stanco di aspettare la morte. E ti confido che certe notti provo il desiderio di andarle incontro per finire prima del tempo la mia pena. Ti svelo che nella mia vita non riesco a scorgere più nessun barlume di speranza perché la mia pena mi sembra troppo grande per vederne la fine. E penso che non mi basteranno tutti i giorni, i mesi e gli anni della mia esistenza per scontarla. Per questo a volte mi sento un cadavere senza essere ancora morto. Credo che tutte le pene dovrebbero avere un inizio e una fine. Invece a me, insieme alla libertà, hanno ucciso per sempre anche la speranza, perché con la mia condanna di morte nascosta ormai posso solo tenermi in vita.

Papa Francesco, ti confesso che spesso non mi sento né all’aldilà né l’aldiquà. Mi sento solo nel mezzo. Né vivo né morto. Mi sento solo un’ombra. Un’ombra che si trascina avanti e indietro. Un passo davanti all’altro. Indietro e avanti. E con lo sguardo fisso nel vuoto. Diretto verso il muro di fronte. Ti confido che ogni tanto mi fermo davanti alla finestra. La apro. E guardo avanti. Non vedo però nulla. Intravedo solo il muro di cinta. E mi viene voglia di fuggire dalla vita perché a volte morire mi sembra la scelta giusta. Una scelta intelligente. La scelta migliore. L’unica cosa che potrei ancora fare. Non so cosa incontrerei nell’aldilà, ma di sicuro non vivrei una vita inutile come adesso, perché amo troppo la vita per continuare a vivere senza esistere. Ti svelo che non posso più vivere senza un filo di speranza. Non posso più continuare a vivere senza la speranza di esistere.

Francesco, pensi che i giudici mi lasceranno venire da te? Io non credo proprio, ma ci spero. E in attesa di abbracciarti di persona lo faccio fra le sbarre.

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