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Migranti, Human Rights Watch: "Violati i diritti umani dei primi 202 respinti in Turchia"

art rep 21 aprla Repubblica, 21-04-2016
ETTORE LIVINI

L'inchiesta della ong documenta "un numero impressionante di irregolarità e violazioni": ignorato che avrebbero presentato domanda di asilo, ingannati per farli partire da Lesbo e Chios, privati dei bagagli e anche dei telefoni cellulari e dei soldi

Richieste d'asilo ignorate. Telefoni sequestrati. Migranti respinti in Turchia senza alcuna informazione sul loro destino e senza consentire loro nemmeno di recuperare soldi ed effetti personali. L'inchiesta di Human Right Watch (Hrw) sui primi 202 respingimenti dal Lesbo e Chios del 4 aprile si è chiusa con una sentenza inappellabile: "I diritti umani sono stati stracciati - ha detto Fred Abrahams - e tutto il processo è stato costellato di abusi che testimoniano i problemi dell'accordo tra Ue e Ankara".

Ignorato il diritto all'asilo
La pesantissima accusa è il risultato di un'indagine condotta dalla Ong il 7 e l'8 aprile nel campo-prigione Vial di Chios. Due giorni di incontri con 12 amici e un parente di 19 afgani deportati nei quali le testimonianze e l'esame dei messaggi telefonici "ha documentato un numero impressionante di irregolarità e violazioni". La prima è stata la decisione di trasferire persone che avevano intenzione di chiedere asilo politico. "Tredici dei migranti riportati in Turchia avevano intenzione di farlo", ha testimoniato l'Alto Commissariato per i rifugiati e la cifra "potrebbe essere addirittura superiore", ha concluso Hrw visto che dall'indagine è emerso come i profughi di Vial "non ricevano informazioni sufficienti per sapere quali sono i loro diritti". L'accordo tra Bruxelles e Ankara impedisce il respingimento di chi vuole chiedere asilo e tanto le autorità greche come Frontex avevano assicurato che "nessuno aveva intenzione di farlo".

Le bugie alla partenza
La deportazione da Chios, ha ricostruito Hrw, è iniziata al mezzogiorno del 3 aprile quando la polizia di Vial ha separato dagli altri prigionieri 66 persone portandole verso l'edificio dove si sbrigano le richieste d'asilo, assicurando loro - dicono i testimoni - che lì avrebbero potuto avviare la pratica. "Sono partiti felici - ha detto alla ong Salim, 24enne afgano rimasto a Chios - ma quando sono usciti hanno trovato la polizia che gli aspettava. Ad almeno tre dei deportati è stato impedito di prendere con sé i propri bagagli, soldi compresi". Tra i 66 c'era una famiglia di cinque persone scappata da un Paese della provincia di Logar dopo che i talebani avevano attaccato casa loro ferendo madre, padre e una figlia.

Gli sms della vergogna
Alle 17.33 Omid, uno dei figli di questa famiglia, ha inziato a mandare messaggi ad Amir, un amico di Vial.
Omid: "Ci stanno portando via"
Amir: "Dove?"
O.: "Non so"
A.: "Vi fanno proseguire il viaggio o vi respingono?"
O.: "Non so"

Alla sera la polizia di Vial ha ammanettato i 66 e li ha imbarcati su un bus blu. "Non hanno lasciato prendere niente - ha testimoniato la 26 enne afgana Tahir a Hrw - I miei amici Ilias, Mohammad e Reza sono partiti senza borse, giacca, soldi, cellulari e medicine. Le loro famiglie ci stanno chiamando chiedendoci dove sono finiti e non sappiamo che dire". La polizia ha portato i deportati per la notte a Tabakika, una fabbrica abbandonata dove secondo Hrw hanno dormito sul pavimento. Waddid Abbasi ha lasciato un messaggio vocale a Hamida, un'amica a Vial alle 21.20 di quella sera: "Ciao, siamo in un altro campo senza niente, né cibo, né acqua, fa freddo".

Il viaggio dei misteri
La mattina dopo alle 5 (due ore prima di quanto comunicato ai media) i 202 sono stati imbarcati sui traghetti per la Turchia senza sapere dove sarebbero stati portati.

Questi i messaggi scambiati alla 11.30 tra Moshen Ahmadi e l'amico Amir a Vial:
M.: "Ok, ci stanno portando in Turchia siamo sulla barca"
A.: "Sapete dove andate? Campo? In che città?
M.: "Non sappiamo niente".

La polizia turca li ha presi in consegna in un campo con le reti coperte di tele blu per impedire che si vedesse all'interno e hanno negato l'accesso a Hrw. I responsabili hanno detto che sarebbero stati portati a Kirkaleli vicino a Edirne e in effetti la stampa ha parlato di un trasferimento a Pehlivankanoy, in quella città. I rifugiati però erano all'oscuro di tutto. Alle 3 del pomeriggio Moshen ha riscritto ad Amir: "Siamo su un bus, ci stanno portando a un campo ma non so dove". "Scrivimi quando arrivi", ha risposto Amir. E l'"Ok" arrivato sul suo telefonino alle 8.28 di sera dall'amico deportato è l'ultimo messaggio che ha ricevuto.

Il sequestro dei cellulari
Hassan, un altro prigioniero a Vial, ha avuto una telefonata di 2minuti e 32 secondi alle 22.28 di quella sera da un altro dei 66 deportati. Ecco la conversazione riferita a Hrw: "Siamo davanti a un cancello. Non so dove. Ci stanno portando dentro, sembra una prigione. La polizia ci sta svuotando le tasche, vogliono anche soldi e telefonino. Ti richiamo". Ma non ha più chiamato. Hrw ha provato a telefonare a quattro dei deportati di cui ha avuto i numeri fino al 18 aprile. Ma nessuno ha mai risposto ai messaggi su Viber, l'applicazione che usavano. Non è chiaro se ci siano basi legali per sequestrare i telefoni - scrive l'Ong - ma in ogni caso "si tratta di misure non necessarie e crudeli e in violazione dei diritti umani" visto che sono l'unico legame con le famiglie.

Vietato l'ingresso alle ong
Hrw ha chiesto alla Turchia di accedere ai campi dove sono reclusi i 202 rifugiati respinti da Chios e Lesbo, ma le è stato negato dalle autorità di Ankara. L'Unhcr sta trattandolo ma per ora non è riuscita a visitarlo. Il destino di queste persone, ricorda Human Right Watch, non è chiaro. Possono fare richiesta di asilo in Turchia ma solo in vista di un ricollocamento altrove, visto che Ankara applica la convenzione di Ginevra solo ai rifugiati dall'Europa. La Turchia - sostiene l'ong - non può essere considerata un "paese sicuro" perché non garantisce protezione ai profughi. Sta negoziando diversi trattati di rimpatrio con alcuni paesi, impedisce a 100mila siriani di entrare, sparando
qualche volta a persone che scappano dalla guerra. Le testimonianze raccolte da Hrw dicono che ai siriani non vengono garantiti i documenti necessari per accesso a lavoro, salute e scuola. La Grecia ha sospeso i respingimenti nelle ultime due settimane in attesa di un affinamento del processo.

Pubblicato: Giovedì, 21 Aprile 2016 11:50

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