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Migranti, Msf e Unhcr non lavoreranno più nel campo di Lesbo: é come Guantanamo

rifugiato 2La struttura ha subito una metamorfosi da quando è entrato in vigore l'accordo Ue-Turchia: mille rifugiati chiusi nelle baracche contro la loro volontà, senza la possibilità di muoversi, privati dei telefonini. Le due organizzazioni umanitarie: "Non saremo complici di questa crudeltà"

La Repubblica del 23 marzo 2016
di Ettore Livini


Via stringhe e cinture per evitare atti di autolesionismo. Mille rifugiati (vecchi, bambini e un paio di persone in carrozzella compresi) chiusi a chiave nelle baracche contro la loro volontà e impossibilitati a muoversi all'interno della struttura. Telefonini sequestrati. Il campo d'accoglienza per profughi di Lesbo - dicono Medici senza frontiere (Msf) e l'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite - "è diventato una prigione". E le due organizzazioni umanitarie hanno deciso di dare l'addio alla Guantanamo della Ue. "Non saremo complici di questa crudeltà - spiega davanti al cancello di filo spinato di Moria Michele Telaro, coordinatore sull'isola del lavoro di Msf - Dietro queste reti metalliche non c'è né chiarezza né legalità. E' una decisione difficile, ma noi da oggi smettiamo di operare qui dentro e cancelleremo pure il servizio di bus che trasportava finao al centro i migranti sbarcati nella parte nord dell'isola". Lo stesso ha fatto l'Unhcr: "Questo è diventato un centro di detenzione e in linea con i nostri principi abbiamo deciso di sospendere il servizio". Una garbata ma fermissima forma di protesta contro l'intesa tra Ue e Turchia che ha lasciato sospesi nel nulla senza alcuna certezza migliaia di profughi, confinati in quello che l'Europa con un eufemismo lontano mille miglia dalla realtà chiama "un centro d'accoglienza chiuso".

La metamorfosi del campo di Moria è avvenuta all'improvviso negli ultimi tre giorni. Fino a 72 ore fa i container metallici arrampicati sulla collina a pochi chilometri da Mytilene erano davvero un centro di passaggio aperto a tutti. I migranti arrivavano, si sottoponevano al riconoscimento e al prelievo di impronte digitali. Poi ricevevano un documento che consentiva loro - in gran parte in fuga dalla guerra - di procedere verso il continente e l'Europa. Ora tutto è cambiato. Macedonia, Austria, Slovenia e Ungheria hanno alzato i muri di filo spinato lungo le frontiere. Bruxelles e la Turchia hanno firmato un accordo di cui tutti qui, avvocati compresi, non hanno ancora capito i termini. E Moria, presa in carico dalla polizia, è diventata una mini Guantanamo nel territorio europeo. "I migranti sono spaventati - dice Telaro - La Ue ha fatto un accordo ma loro non sanno cosa prevede. E noi nemmeno". I siriani avranno diritto a fare richiesta d'asilo dalla Grecia o saranno respinti in Turchia? Che fine faranno i migranti economici? Saranno rispediti indietro? Come? "Non c'è nessuna istruzione, nemmeno un foglietto di quattro righe con l'Abc - continua il rappresentante Msf - Io non sono un giurista ma la legge Ue mi pare chiara. Chi fa richiesta d'asilo nella Ue ha diritto di vederla esaminata qui con tutti i crismi della legalità". I respingimenti verso Ankara per chi scappa dalla guerra sono "inammissibili". "In Turchia non c'è sicurezza, lo dicono tutte le organizzazioni umanitarie. Il paese ha firmato la Convenzione di Ginevra ma con eccezioni geografiche, un unicum che non possiamo accettare".

Nel campo ora ci sono 1.200 persone. Ieri ne sono arrivate altre 180 dai barconi intercettati dai guardacoste mentre attraversavano le cinque miglia tra la costa di Smirne e Lesbo. Molti volontari sono stati espulsi dal centro da quando l'esercito gestisce la struttura. "Nessuno è contrario a una procedura formale di riconoscimento, ma va fatta bene. Tutte le garanzie umanitarie devono essere sul tavolo, i campi profughi in Turchia devono essere pronti e sicuri. Invece non mi pare sia così", spiega Telaro, uno dei pochissimi ad avere ancora accesso al centro. La Grecia aspetta dalla Ue legali, traduttori e mediatori culturali per avviare a Moria il servizio di esame delle richieste d'asilo. Ma per ora è il caos. "Nessuno ci ha dato un foglio con su scritto quali sono le procedure", dice Telaro. E la situazione è rapidamente generata. Moria è stata sigillata, la libertà di movimento dei rifugiati ridotta al minimo. I pullman della polizia presidiano il recinto metallico di filo spinato che li separa dal resto del mondo. E Msf e Onu, mentre l'Europa girata dall'altra parte fa finta di non vedere, hanno preferito dire basta. Continueranno a gestire l'assistenza a Lesbo in altro modo. Ma all'esterno del campo-vergogna in cui è stata trasformata la struttura che rappresenta il benvenuto della Ue a chi scappa da bombe e miseria.

Pubblicato: Giovedì, 24 Marzo 2016 00:21

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