Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Home a buon diritto

Notizie

Lesbo, i bagnini volontari che salvano i migranti

migranti 2la Repubblica del 5 gennaio 2016
di Giacomo Zandonini

Dalla Catalogna all'isola greca, 30 "socorristas" volontari hanno salvato 115mila persone in tre mesi di attività, grazie al sostegno di migliaia di donatori. Dopo gli accordi fra UE e Turchia, denunciano, "le rotte sono diventate molto più lunghe e pericolose"

ROMA - Centinaia di migliaia di persone e almeno tre generazioni, dai neonati agli anziani, di donne e uomini fradici e congelati, sospesi su un mare battuto dal vento. "Da qui sono passate intere famiglie, alle volte divise fra più barche", racconta Laura Lanuza, "e basta veramente nulla, il più piccolo movimento, per far cadere qualcuno in acqua, o addirittura per ribaltare un gommone lungo pochi metri e sovraccarico". Lanuza sta riscaldando il pranzo per il figlio nella sua casa in Catalogna, ma fino a poche ore prima scrutava il mare dalle coste di Lesbo, a 2500 chilometri di distanza. Proactiva Open Arms, l'Ong di cui fa parte, è sul posto dal settembre 2015 e ha garantito uno sbarco sicuro a un quarto delle quasi 500mila persone approdate sull'isola nel 2015. A Lesbo, Lanuza ha trovato una "rete incredibile di solidarietà dal basso" che poco potrà fare, spiega con angoscia, di fronte a "rotte che diventano sempre più pericolose, nell'indifferenza delle autorità".

Dalle spiagge delle Canarie a Lesbo. "Tutto è partito a metà settembre", racconta Lanuza, "quando Oscar Camps, direttore di una società di servizi di salvataggio marittimo - la Proactiva Serviciòs Acuaticos, presente in tutta la Spagna - vede in TV le foto di alcuni bambini morti sulle spiagge o durante la traversata dalla Turchia alla Grecia e decide di partire per Lesbo". L'idea è semplice: "da 17 anni lavorava per garantire la sicurezza dei turisti in mare, perché non farlo con i rifugiati?". Due settimane sulle coste frastagliate dell'isola, in compagnia di un collega, bastano per capire che c'è moltissimo da fare. L'appello circola fra i dipendenti, reduci dalla stagione estiva fra le Canarie, Ibiza e la Costa Brava, e in pochi giorni i primi quattro bagnini volontari raggiungono l'isola.

Salvataggi sulla cosa e in mare. Turni lunghissimi, chiamate nel corso della notte, i "socorristas" di Proactiva - ribattezzatisi nel frattempo "Open Arms", 'braccia apertè in inglese - si aggiungono alle decine di volontari che danno una prima accoglienza a chi sbarca, portando la competenza essenziale del salvataggio in mare. "All'inizio stavamo solo sulla riva, con mute e tavolette per nuotare", racconta Lanuza, "poi abbiamo utilizzato una moto d'acqua, con cui affiancavamo i gommoni dei rifugiati dando istruzioni utili per la stabilità dei mezzi, e oggi abbiamo tre gommoni fuoribordo semi-rigidi su cui possiamo trasbordare bambini e persone in difficoltà durante la traversata o raccogliere persone cadute in acqua".

Rotte sempre più lunghe e rischiose. 490mila delle 860mila persone sbarcate in Grecia, secondo Unhcr, in tutto il 2015, sono entrate in Europa attraversando la sottile striscia di mare fra la Turchia e Lesbo. Non più di 10-15 chilometri che, su gommoni strapieni, "fino a 50 persone a natante, per 30 o anche 50 barche al giorno", hanno aggiunto centinaia di morti alla macabra contabilità delle migrazioni. Almeno 805 i decessi nel 2015 sulla rotta dell'Egeo, secondo l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Un numero cresciuto nell'ultimo mese, come raccontano le cronache. Ad aver pesato, denuncia Lanuza, "potrebbero essere gli accordi fra Turchia e Unione Europea dello scorso 29 novembre, che hanno reso le rotte più lunghe e insidiose".

L'accordo fra Turchia e Unione Europea. "Il giorno dopo la firma dell'accordo sulle migrazioni", spiega Lanuza, "gli arrivi a Lesbo si sono fermati, per la prima volta da mesi, per poi riprendere subito dopo". Trafficanti e migranti si sono spostati più a sud, probabilmente in seguito ad alcune maxi-retate della polizia turca, rendendo più lunghe le traversate. "Ora molti partono di notte, senza fari, e arrivano nella zona sud di Lesbo, nei pressi del porto, inserendosi pericolosamente nelle rotte di traghetti e navi commerciali". Poche ore prima dell'intervista, racconta Lanuza, i gommoni di Open Arms avevano assistito 300 persone partite nel cuore della notte, mentre sempre più migranti si dirigono verso l'isoletta di Chios, a sud di Lesbo, dove l'Ong ha già inviato alcuni volontari.

Il "crowdfunding" che ha assistito 115mila migranti. A sostenere Proactiva Open Arms è stato un "crowdfunding", raccolta di fondi on line. Partiti con 15mila euro, i bagnini catalani hanno ottenuto 510mila euro da migliaia di donazioni private, investendoli in gran parte per i gommoni e per altre attrezzature. "Con quello che abbiamo", continua Lanuza, "riusciremo a essere presenti fino a marzo, poi si vedrà". Accanto a loro, sull'isola operano decine di volontari, "persone di tutto il mondo che riempiono un vuoto lasciato dalle autorità". Una gara di solidarietà cresciuta durante le feste, mentre centinaia di persone - soprattutto siriani, afghani e irakeni - continuano a scappare da una Turchia che non offre prospettive. "Solo fra settembre e novembre, con crica 30 bagnini volontari, per le nostre mani sono passate 115mila persone", conclude Lanuza, provando che basterebbe forse poco per dare un futuro ai moltissimi "Aylan" e alle loro famiglie, il cui destino si è drammaticamente incagliato su alcune delle spiagge più belle del Mediterraneo.

Pubblicato: Mercoledì, 06 Gennaio 2016 16:15

Citrino visual&design Studio  fecit in a.d. MMXIV