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Matteo Renzi spinge sulle unioni civili, ma sulle adozioni lascia "libertà di coscienza"

art esp 5 genl'Espresso, 05-01-2016

Luca Sappino

A fine gennaio la legge Cirinnà va al voto in Senato. Il premier vuole la legge, ma fa sperare malpancisti dem e i centristi che vogliono modificare il meccanismo dell'adozione. Guerini dice: «Deve esser un punto d'equilibrio». Eppure la legge è già appena sufficiente, come nota Stefano Rodotà

«È una ferita che va sanata, siamo fanalino di coda in Europa», dice Matteo Renzi spingendo per l’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili, che arriverà in Senato, direttamente in aula, il 26 gennaio. Il senso non è proprio quello che scrive Stefano Rodotà su Repubblica, ma la frase del premier è comunque importante, perché ribadisce una posizione che la gestione Renzi sta portando avanti con forza: La legge sulle unioni va portata a casa e «il 2016 è l’anno giusto» per la legge sulle unioni civili, come ha detto Renzi nella conferenza di fine anno.

Rodotà la reputa una legge appena sufficiente, ma l’intento del premier è già qualcosa. Nota, Rodotà, che il dato statistico citato anche da Renzi sui paesi europei e soprattutto la condanna della Corte Europea dei diritti dell’uomo «ha ricordato che il nostro paese è ormai parte di un sistema giuridico allargato, di cui deve rispettare principi e regole, sì che la stessa scelta del Parlamento, la discrezionalità del legislatore risultato limitate». E aggiunge, il professore, che è dunque «il paradigma eterossessuale» che «crea oramai incostituzionalità e di questo si deve», o dovrebbe, dunque, «tener conto quando si contesta l’ammissibilità dell’accesso delle coppie tra persone dello stesso stesso al matrimonio egualitario, di cui oggi non si vuol nemmeno discutere».

Ma insomma, il Pd dice di voler portare a casa la legge sulle unioni ed è già qualcosa: o questa è almeno la posizione anche di larga parte della comunità Lgbt. Anche l’Unità, houseorgan del partito renziano, è impegnato nella missione del governo, pur ospitando i commenti e le analisi più disparate. Per Lorenzo Guerini, vice di Renzi nella gestione del partito, d’altronde, si tratta «di tenere fede ad un impegno preso con gli italiani».

Il vicesegretario del Pd, intervistato dal Messaggero, ribadisce che i dem cercheranno per questo «un’intesa con tutti coloro che vogliono concludere il lavoro avviato», e che quindi non sono escluse maggioranze diverse da quelle del governo. Si accettano, insomma, persino i voti di Sel e dei 5 stelle. Che però hanno detto che non voteranno un testo ulteriormente annacquato. E la dichiarazione di Guerini pare così più un avvertimento ai centrisiti e ai malpancisti dem.

Non vengono affatto placate, infatti, le voci che vedono in salita la strada della legge o che vedono alle porte una modifica al testo. Oltre al dato oggettivo dell’emendamento presentato dalle tre senatrici dem, che trasforma la stepchild adoption in un affido rinforzato, infatti, c’è sempre qualche seconda dichiarazione che fa preoccupare Monica Cirinnà e che fa scommettere, parlamentari esperti come Gianfranco Rotondi, sulla modifica. Tra una rassicurazione e l’altra, ad esempio, risponde così, sempre Guerini, a domanda diretta: «Il testo non si tocca?», «Vedremo. Deve rappresentate un punto d’equilibrio e non la vittoria di una parte contro l’altra».

E Matteo Renzi, poi, così come già fatto intendere sempre durante la conferenza stampa di fine anno, a la Stampa conferma che non ci sarà voto di fiducia e che anzi - mentre non lo era, per dire, l’abolizione dell’articolo 18 - «il tema è di quelli che tocca la sensibilità dei singoli parlamentari e bisogna tenerne conto: su alcuni punti ci sarà la libertà di coscienza».

Pubblicato: Martedì, 05 Gennaio 2016 15:01

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