Le Storie
Michele Ferrulli
La vicenda
Michele Ferrulli, 51 anni, muore il 30 giugno 2011 dopo aver subito un fermo di polizia. Quella sera, intorno alle 21.30, Ferrulli stava ascoltando della musica dallo stereo del suo furgone e bevendo birra insieme a due amici, nei pressi della propria abitazione in Via Varsavia, a Milano. In seguito a un segnalazione per il volume della musica troppo alto, accorrono sul posto una prima e poi una seconda pattuglia di polizia, ciascuna composta da due agenti. Sono da poco passate le 22. Secondo la testimonianza dei presenti, Ferrulli fornisce regolarmente i propri documenti ai poliziotti e risponde alle loro domande. In pochi attimi, per circostanze ancora da chiarire, l’uomo viene immobilizzato, ammanettato, buttato a terra e percosso. Morirà poco dopo, malgrado l’intervento degli operatori del 118 e il trasferimento presso l’ospedale San Donato Milanese.
Le indagini sulla morte di Ferrulli vengono disposte dal pm Gaetano Ruta, che affida l’autopsia ai medici legali Gentilomo e Burgazzi. L’autopsia evidenzia traumi cranici e fratture alle costole (compatibili, queste, con il massaggio cardiaco eseguito nel tentativo di rianimazione) e indica come causa del decesso una insufficienza cardiocircolatoria acuta. Tuttavia, non si riscontrano segni evidenti di lesioni gravi agli organi vitali: vale a dire che non si può stabilire con certezza assoluta il nesso tra l’intervento degli agenti e la morte dell’uomo. Durante il processo, infatti, la difesa giocherà sempre su questo punto, sostenendo che il decesso dell’uomo sia avvenuto in seguito a un malore.
In un primo momento, sembra che il fascicolo sia destinato all’archiviazione; tuttavia l’acquisizione da parte della Procura di alcuni video testimonianti l’accaduto, ha garantito la riapertura delle indagini. I video in questione sono tre, e sono stati diffusi integralmente dal sito dell’Unità in collaborazione con l’associazione A Buon Diritto. Il primo filmato proviene dalla telecamera di sorveglianza esterna di una farmacia: qui si distingue chiaramente uno degli agenti dare uno schiaffo a Ferrulli, senza alcuna ragione apparente.
Gli altri due filmati riprendono il momento subito successivo, ovvero della costrizione a terra, e si tratta in entrambi i casi di registrazioni effettuate con telefoni cellulari. Nel primo caso si tratta di una ripresa dall’alto di un palazzo, ma la scena appare confusa. L’altra registrazione, invece, è opera di due donne romene, che dall’interno di una macchina parcheggiata là vicino assistono alla scena e la commentano. La traduzione in italiano suonerebbe così :«l’hanno preso per i capelli, non vuole dargli il braccio», «hai visto che cazzotto in bocca?», «guarda come lo picchiano, prima le manette e poi lo hanno massacrato», «ma non gli spezzano i reni? vedi? poverino!», «è morto!», «è morto dici?», «non vedi ha la faccia nera non si muove più”. Flebilmente, si sente anche Ferrulli invocare «aiuto, aiuto, basta».
È grazie a questo materiale che il giudice per l’udienza preliminare decide di rinviare a giudizio i quattro agenti, con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Il processo
Il processo di primo grado si è aperto il 4 dicembre 2012. A partire da aprile 2013 la giuria ha iniziato ad ascoltare i testimoni. In questo frangente, durante la sua deposizione, l'ispettore capo P.S., responsabile delle Volanti, ha asserito che uno degli agenti imputati gli avrebbe detto che Ferrulli «aveva cercato di colpire E.» (uno dei poliziotti). Lo stesso E. dichiarerà che i colpi sferrati a Michele Ferrulli altro non erano che “tecnicismi” per ammanettare l’uomo ricalcitrante (che però, al momento della colluttazione con E., aveva già un polso ammanettato). Per i quattro imputati, il pubblico ministero Ruta aveva sollecitato una condanna a sette anni; ma nel luglio 2014 la Corte d’Assise di Milano, formulando la sentenza, ha respinto le sue richieste. Tutti e quattro gli imputati sono stati assolti dall'accusa di omicidio preterintenzionale, perché il fatto non sussiste.Nel maggio 2016, benché il sostituto pg Tiziano Masini avesse chiesto di derubricare l’ipotesi di reato a omicidio colposo per due degli agenti coinvolti, la Corte d’Assise d’appello di Milano ha confermato la sentenza di assoluzione.