Alex Langer e il reddito di cittadinanza
03-06-2015
Lorenzo Fanoli
Generalmente il dibattito attorno al reddito minimo o reddito di cittadinanza si centra prevalentemente (ma non solo) da considerazioni e argomentazioni che mettono in relazione questa misura al fenomeno della povertà, della disoccupazione più o meno congiunturale e, da qualche tempo, anche della precarietà e della condizione di intermittenza della condizione lavorativa.
Questi sono certamente i fenomeni sui quali impatterebbe immediatamente una misura che istituisse un reddito minimo garantito con caratteristiche di universalità per i cittadini che dispongono di un livello di risorse economiche inferiore alle soglie di povertà.
Vi è tuttavia un argomento di valenza ancor più strategica – e che potrebbe aiutare molto ad orientare anche il dibattito attorno alle condizionalità e requisiti per l’accesso al reddito minimo – che riguarda la relazione di una misura di questo tipo con un processo di conversione ecologica dell’economia.
Il reddito di cittadinanza di carattere universalistico e a bassa condizionalità si configura come una misura di compensazione rispetto a un duplice processo:
• Da un lato dalla perdita progressiva del ruolo fondante dell’identità personale e sociale rappresentata dal lavoro produttivo;
• Dall’altro del venir meno della funzione distributiva della ricchezza determinata dalla crescita economica.
Si tratta di fenomeni di lungo e ormai consolidato periodo.
Sulla trasformazione del lavoro per l’intensa innovazione tecnologica e organizzativa già nell’ultimo decennio del secolo scorso, si era già iniziato a proporre al dibattito pubblico e politico il problema del come fronteggiare le implicazioni di una prospettiva post-fordista centrata sulla “fine del lavoro (salariato)”.
Per quanto riguarda il tema dei limiti allo sviluppo sono parte addirittura del background culturale della stessa fondazione dell’Unione Europea attraverso il Libro Bianco della Commissione Delors e che trova un suo progressivo crescere di significato e importanza dal deciso rallentamento della crescita economica e dello sviluppo industriale in tutto il pianeta di questi anni.
L’affermazione di un modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità non è più rinviabile. La riconversione ecologica dell’economia è un passaggio necessario di fronte all’evidente limite delle risorse naturali e alla fine di un modello produt¬tivo non corrispondente alla disponibilità di risorse del pianeta . La chiave di volta sta in un’economia diversa che prospetta nuove produzioni e nuovi consumi e, con questi, stili di vita fondati sulla sobrietà, la convivialità, la qualità, i beni comuni.
Val bene ricordare però che questo passaggio non è gratuito ed è in base a ciò che ci vengono d’aiuto alcune profetiche parole di Alex Langer.
(…) f) redistribuzione del lavoro, garanzie sociali
Solo una vasta redistribuzione sociale del lavoro (e quindi dei "posti di lavoro" socialmente riconosciuti) permetterà la necessaria correzione di rotta. L'ammortamento sociale degli effetti prodotti da scelte di conversione ecologica (che si chiuda una fabbrica d'armi o un impianto chimico..) è un investimento importante ed utile quanto e più di tanti altri, e se si indennizzano i proprietari di terreni che devono cedere ad un'autostrada, non si vede perché altrettanto non debba avvenire nei confronti di operai o impiegati che devono cedere alla ristrutturazione ecologica.
Alex Langer 1.8.1994, Colloqui di Dobbiaco, Il Viaggiatore leggero 1996
In questa citazione Alex Langer si riferisce alla conversione ecologica e, in linea generale, tale termine è spesso interpretato come la trasformazione di un settore industriale ad alto impatto ambientale attraverso tecnologie che determinino tale riduzione. Tuttavia non si tratta solo di questo. Più in generale la conversione ecologica – secondo Langer e non solo - significa la trasformazione del lavoro e delle interrelazione sociali che modifichino le gerarchie valoriali tra il terreno produttivo a quello riproduttivo a favore di quest’ultimo termine. In sostanza la conversione ecologica o l’avvio di un processo di new deal verde che potrebbe effettivamente determinare la creazione di nuovi posti di lavoro e occupazione, determinerebbe anche una modificazione significativa dei rapporti di produzione in cui il valore maggiormente riconosciuto sarebbe quello della cura (sia essa delle relazioni e del benessere della persone, sia del territorio, dei beni culturali e degli stessi prodotti manifatturieri e industriali attraverso percorsi di riciclo e di riuso).
In questa prospettiva le politiche a sostegno del reddito, e del numero sempre più consistente di persone che vivono in condizioni distanti e differenziate dal modello di riferimento, rappresentato dal lavoratore dipendente con contratto a tempo pieno e durata indeterminata, andrebbero concepite e realizzate attraverso misure di carattere strutturale, permanente, non emergenziale e universalistico.
Tali misure dovrebbero almeno in parte contenere un ribaltamento delle concezioni prevalentemente utilitaristiche, basate sull’idea della realizzazione piena della persona nella sua partecipazione al processo produttivo (sia essa diretta che di supporto), verso il riconoscimento del valore e del contributo della persona al sistema di relazioni alla sfera riproduttiva come elemento fondante di un nuovo contratto sociale.
Fonte immagine; www.ziberna.it