Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione

Home a buon diritto

Foreign fighters e patti suicidi

tutela diritti13-02-2015
Federica Resta

“La tutela dei diritti è essa stessa un modo di intendere la sicurezza”. Di queste parole- pronunciate da Ahron Barak due anni dopo Ground Zero-, dovremmo forse tenere conto ogniqualvolta un nuovo attentato terroristico riproponga, nel discorso pubblico, il rapporto tra libertà e sicurezza come un gioco a somma zero e la Costituzione come “un patto suicida”. E’ una rappresentazione che riemerge, carsicamente, nonostante il Datagate abbia dimostrato come neppure la più pervasiva sorveglianza di massa abbia potuto impedire gli attacchi terroristici di questi anni, pur a fronte del prezzo pagato in termini di libertà, con un progressivo slittamento dallo Stato di diritto allo Stato di prevenzione. Anzi, come dimostra il rapporto sulla sorveglianza di massa della Commissione diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, alcune misure anti-terrorismo, volte ad agevolare intercettazioni e raccolte di dati personali da parte degli organi investigativi, rischiano, paradossalmente, di indebolire la complessiva capacità difensiva delle nostre democrazie, rendendo più vulnerabili, anche rispetto ad attacchi terroristici, i nostri sistemi di comunicazione.

Le strategie anti-terrorismo che i Governi, soprattutto europei, stanno ipotizzando dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo dovrebbero muovere essenzialmente da questa consapevolezza e dall’insostenibilità democratica (oltre che dall’inefficacia) della pesca a strascico nelle vite degli altri sul modello dei Patriot Acts. Modello cui la stessa amministrazione Obama aveva proposto di rinunciare con il Freedom Act (bocciato per pochi voti, a novembre, da un Senato a maggioranza ancora democratica), ispirato al (più equilibrato) paradigma europeo di bilanciamento tra libertà e sicurezza.

E se a livello di Unione europea ancora si sta discutendo (addirittura) di rinegoziazione degli accordi di Schengen, di cessione dei dati dei passeggeri dalle compagnie aeree alle autorità inquirenti; di una nuova disciplina della conservazione dei tabulati, i singoli Stati si stanno muovendo, per ora autonomamente. Il decreto antiterrorismo emanato dal nostro Governo (con tanta necessità e urgenza da essere stato portato in Consiglio dei Ministri la prima volta a dicembre…) è una prima risposta, forse meno “eccessiva” di quelle annunciate da alcuni Paesi (ad esempio la Gran Bretagna) e anche di quelle adottate in passato da noi (si pensi al c.d. “decreto Pisanu, n. 144/2005).

Comprensibile, in particolare, sembra la modifica sul trattamento di dati personali da parte delle forze di polizia, che conferisce alla disciplina una maggiore capacità di adeguamento, all’evoluzione tecnologica, degli strumenti investigativi. Condivisibile anche l’attribuzione al Procuratore nazionale antimafia delle competenze di coordinamento (anche) in materia di terrorismo, funzionale alla maggiore efficacia delle indagini.

Eccessiva invece l’anticipazione della soglia di rilevanza penale (ben oltre gli atti preparatori) realizzata con l’incriminazione di ulteriori condotte prive di reale offensività a terzi, che arricchiscono ulteriormente la costellazione di reati di pericolo presunto previsti in materia di terrorismo. Va in questa direzione la prevista punibilità di chi venga (meramente) reclutato in attività terroristiche anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni aventi queste finalità. Si punisce, in altri termini, con la reclusione fino a 6 anni una condotta il cui unico disvalore consiste nel fine perseguito, a prescindere dalla sua realizzazione. Stessa pena è prevista per una condotta dalla pericolosità altrettanto astratta quale quella di organizzazione, finanziamento o propaganda di viaggi finalizzati ad attività terroristica, sul modello di quanto previsto, ad esempio, per lo sfruttamento sessuale dei minori. In analogia con quanto previsto in Francia e negli Usa, si incrimina anche l’auto-addestramento (i c.d. lupi solitari), aggravato (al pari di altre condotte di reclutamento ecc.) qualora l’apprendimento delle relative tecniche avvenga on-line. Analoga aggravante è prevista per l’apologia e istigazione al terrorismo (reato le cui pene venivano ridotte dal Senato, nello stesso giorno in cui il Governo adottava il decreto), evidentemente per la maggiore capacità, propria della rete, di favorire il proselitismo, in ragione della più ampia diffusione che questo mezzo consente.

Più ragionevole, invece, l’incriminazione delle varie condotte (detenzione, uso, cessione) aventi ad oggetto i precursori di esplosivi (che consentono di fabbricare ordigni con materiale di uso comune), come anche la previsione della rimozione dal web dei contenuti filo-terroristi o dell’oscuramento- sempre su disposizione dell’autorità giudiziaria- di siti di analogo tenore. L’equilibrio complessivo del sistema dipenderà tuttavia, in buona misura, anche dalle disposizioni di attuazione e in particolare dal sistema di filtraggio e di blocco degli accessi ai siti vietati, che se non adeguatamente disciplinato rischia di legittimare forme eccessive di controllo del comportamento tenuto in rete dagli utenti.

Significativa anche l’estensione di una misura di prevenzione quale la sorveglianza speciale di p.s. (e l’espulsione prefettizia) ai sospetti foreign fighters e la previsione della possibilità per il questore di adozione, anche in via cautelare, nei confronti degli indiziati di terrorismo, di misure, quali il ritiro del passaporto, la cui efficacia cessa in assenza di convalida giudiziale. Anche in questo caso non manca la sanzione penale, nelle ipotesi di inadempimento agli obblighi conseguenti al ritiro del passaporto o alle altre misure cautelari adottate durante il procedimento di prevenzione.
Eccessiva appare l’ulteriore, notevole estensione delle garanzie funzionali- speciali autorizzazioni alla commissione, da parte dei Servizi, di comportamenti costituenti reato, in tal modo “scriminati” – da oggi applicabili a pressoché l’intera “costellazione” dei delitti in materia di terrorismo, nonché alla partecipazione a banda armata e ad associazioni sovversive.

La logica non sembra qui molto diversa da quella sottesa al commento dell’allora nostro Presidente del Consiglio, a margine dell’attentato di Londra del 2005 “Non si può combattere il terrorismo con il codice in mano”.

Fonte immagine: www.fsitaliane.it

Pubblicato: Venerdì, 13 Febbraio 2015 18:08