Passaggio a livello: Cinque stelle nella polvere
13-09-2016
Ubaldo Pacella
Virginia Raggi riuscirà ad amministrare Roma? L’interrogativo serpeggiava, all’indomani delle elezioni, tra gli osservatori più smaliziati, adusi al clima della Capitale. Una città in grado di imprigionare ogni novità in un reticolo di connivenze, rapporti, favori o interessi che si dipana nella storia , ben oltre gli argini dell’età repubblicana o unitaria, sino a specchiarsi nel Tevere, lungo un declivio che dal papato, a ritroso, arriva sino all’Urbe imperiale di Augusto e ancor prima di Giulio Cesare, di Catone o di Cicerone, come leggiamo, ancor senza sorpresa, nei versi di Catullo, di Marziale come nella prosa di Tacito.
Oggi al cospetto di una improvvisazione politica ribollente di improntitudine messa in campo in meno di tre mesi dalla neo sindaca Virginia Raggi, dai vari direttori o direttorini , con fiammate su Facebook che coinvolgono di ora in ora nomi noti ad altri quisque de popul, le domande dei cittadini sono poche e semplici: “Quando muoverà i primi passi la nuova amministrazione? Quali provvedimenti immediati vedranno la luce in aula Giulio Cesare per alleviare una condizione di sofferenza manifesta?”.
L’urgenza delle risposte che attendono corrisponde al loro disappunto in ogni forma, che si esprime anche ponendo Roma al penultimo posto in Europa come apprezzamento dei servizi e del livello di vita generale della città.
La credibilità delle apodittiche affermazioni del Movimento 5 Stelle in tema di trasparenza, verità, decisioni condivise, immagine pubblica o privata si è sbriciolata come sabbia, senza che nessuno ci soffiasse sopra. Le opposizioni sembra facciano fatica a prendere le misure di comportamenti in pieno stile “Tafazzi”costellate di autogol clamorosi, senza che alcuno mettesse pressione ad una giunta, ancora alla ricerca di comporre un puzzle non sappiamo se funzionante, ma almeno presentabile sul piano formale e istituzionale.
Il consiglio comunale sembra essere rimasto in vacanza continuata, tant’è che provvedimenti da approvare e deliberare non ne arrivano. Come potrebbero dal momento che la giunta è priva di capo di gabinetto, di vice capo di gabinetto e, nel momento in cui scriviamo, persino del secondo assessore al bilancio dopo la clamorosa uscita di Minenna con una sbattuta di porta che nessuno dei funzionari e degli impiegati sul Campidoglio ricorda e l’uscita di scena dell’ex magistrato della Corte dei conti Raffaele De Dominicis a seguito delle note vergate dal sindaco Raggi sulla sua pagina Facebook : “in queste ore ho appreso che, in base ai requisiti previsti dal Movimento 5 Stelle, non può più assumere l’incarico di assessore in giunta capitolina”.
Si rimane sbigottiti di fronte ad un linguaggio così poco istituzionale. Non è una questione di garbo, bensì di sostanza democratica. L’assessore è un incarico pubblico e i requisiti sono previsti dalle norme non dal fantomatico regolamento interno di un partito o di un movimento che non hanno rilievo giuridico.
Tutti gli atti e le dichiarazioni degli ultimi mesi evidenziano una totale mancanza di conoscenza della grammatica pubblica, nonché delle responsabilità politiche di gestione ed indirizzo sia da parte di Virginia Raggi, sia dei dirigenti e parlamentari del Movimento 5 Stelle che avrebbe dovuto rivoluzionare Roma e risollevare le sorti di una città tramortita da anni di indecente, colpevole abbandono e fallimento da parte dei partiti tradizionali di centrodestra e centrosinistra. Dopo prove così sconfortanti macchiate di illegalità gravissime, di gestioni indecorose, di ruberie, ognuno avrebbe sperato che sarebbe bastata buona volontà, impegno e onestà per risalire la china. Purtroppo sino ad oggi non è così.
L’incompetenza, l’assoluta mancanza di un gruppo dirigente, di una classe di professionisti capace di far funzionare una macchina tanto complessa quanto inceppata come quella dell’amministrazione della capitale getta ombre inquietanti sul futuro, ben oltre quelle svelate o presunte, rese note dalle cronache e dall’informazione, dalle quali emergerebbe una sorta di “opa” di ambienti della destra romana sul sindaco e alcuni tra i suoi più diretti e fidati collaboratori.
Numerosi parlamentari a 5 Stelle, ancor più simpatizzanti e attivisti del Movimento, si chiedono perché sia nata tanta confusione, quali intrecci vi siano perché Virginia Raggi applichi con una disarmante discrezione le regole del grillismo, che tanto hanno fatto discutere e ancor più sollevano le ironie di quanti avversano il movimento. Se si revoca l’assessore De Dominicis perché sarebbe indagato a sua insaputa, lo si dovrebbe fare anche con la Muraro che tra l’altro ha mentito per lungo tempo. Invece lei resta al suo posto, nonostante l’imbarazzo crescente, dovuto più che alla magistratura al palese conflitto di interessi poiché è passata da essere consulente lautamente pagata di AMA ad assessore controllante della stessa, più che un vulnus per i grillini della prima ora. Ma, si sa, amministrare corrompe le coscienze e non è la stessa cosa che criticare senza oneri.
Chi scrive ritiene da lungo tempo populismo e demagogia un gas nervino della democrazia. Fustigare i costumi senza un progetto etico chiaro e lungimirante diviene una gabbia irta di aculei nella quale finiscono per restare intrappolati gli stessi censori, ne sanno qualcosa Savonarola a Firenze o Robespierre a Parigi.
Abbiamo avuto fortissime perplessità sulla nascita e l’affermazione del Movimento fondato da Grillo e Casaleggio. Non sono mancate, in tempi non sospetti, critiche o preoccupati interrogativi, ma il vento di ribellismo emotivo che attraversa l’Europa intera, trova radici diverse in ogni Paese ed esprime un malessere e una contestazione verso i fallimenti delle classi dirigenti e della politica che nessuno può disconoscere.
L’elemento di maggior fragilità del Movimento 5 Stelle, potrebbe annidarsi proprio nella sua germinazione, dare voce e volto ad un protestarismo, ad una sorda indignazione, essere bandiera del riscatto dalle frustrazioni di giovani e anziani, di esclusi e delusi, senza aver creato un progetto sociale, una idea, linee guida per superare i fallimenti della politica tradizionale e di una società italiana bloccata da decenni e destinata al declino in un logorio costante quanto quotidiano.
Convivono così tra i 5 Stelle, nella base come ai vertici, le più diverse ispirazioni, le spinte contrastanti e difficilmente conciliabili quando si debbono operare scelte concrete, non solo annunci, slogan, spettacoli, dichiarazioni ad effetto ad uso dell’informazione e della propaganda.
Qualcuno si è illuso che sarebbe bastata la semplicità popolare e comportamenti di lineare correttezza sociale per far funzionare una macchina amministrativa nel rispetto dei diritti e delle aspettative dei cittadini. Oggi scoprono che purtroppo non è così. Servono conoscenze, competenze, professionalità e queste vanno sostenute, remunerate, utilizzate nel migliore dei modi: l’esatto contrario di quanto per anni si è propalato sulla rete. La massaia di Voghera non può essere Ministro dell’economia!
Forse nasce da qui il principio di corto circuito che impedisce alla giunta del comune di Roma e a Virginia Raggi di muovere almeno i primi stentati passi. Tre mesi senza alcun governo, Roma è nella scia della Spagna?
Una sensazione emerge dalla nube di polvere e omissioni da cui filtrano gli imbarazzi e le decisioni del sindaco di Roma, lontane anni luce dallo streaming caro ai grillini, è quella di una sorta di patto leonino con ambienti oscuri e ambigui della destra romana, legata a intrecci di interesse, sottopotere, favori capaci di condizionare pesantemente le decisioni della Raggi.
Le prossime settimane ci diranno se l’amministrazione capitolina sia uscita da queste secche. Il richiamo diretto del Vaticano ad occuparsi dei romani suona come un monito da oltretevere, tanto più secco ed importante, quanto lontano dalla politica italiana appare il pontificato di Francesco.
La modesta ma lunga e travagliata esperienza di osservatore e analista politico, accumulata da molti lustri, lascia sensazioni amare al cittadino di Roma che vorrebbe, dopo tanti fallimenti, veder costruire qualcosa di serio, illuminato da un raggio di speranza, soprattutto per i giovani e le infinite potenzialità di una città unica al mondo, che una classe dirigente corrotta e incapace ha calpestato soprattutto negli anni 2000.
Sono leciti molti ragionevoli dubbi. Non vi sono precedenti positivi negli annali. Giunte nate sofferenti o rappattumate hanno mostrato la corda tra inciampi vari e si sono sfaldate al sole dei troppi poteri romani. Potrebbe essere l’eccezione questa ultima. Se lo sarà assisteremmo ad una profonda mutazione genetica dei 5 Stelle. La dura arte del governo obbligherà ad uscire dall’unanimismo come dalla retorica dei tribuni, anche le plebi hanno bisogno di pace, circensi e sesterzi. Trovarli non sarà facile.
Ci permettiamo sommessamente di consigliare al sindaco Virginia Raggi e ai maggiorenti del Movimento una lettura difficile, ma ancor più preziosa: la sublime biografia di Niccolò Machiavelli scritta da Ricolfi un intellettuale fiorentino sconosciuto forse allo stesso Matteo Renzi, in grado di penetrare nella storia attraverso il cuore degli uomini, in una epoca non meno perigliosa di quella attuale.