Passaggio a livello: Politica e elezioni amministrative: Tante baruffe, poche proposte
10-03-2016
Ubaldo Pacella
Abbiamo provato a rileggere più e più volte la folgorante lucidità di Shakespeare nell’ Hamlet per scoprire una chiave capace di instillare il dubbio che qualcosa di buono e positivo vi fosse nella politica nostrana di queste settimane. Dobbiamo confessare di non esservi riusciti.
Delusione, sconcerto, sufficienza, persino fastidio è quello che proviamo, insieme a molti altri interlocutori da noi contattati, la cui formazione è assai diversificata. Quasi nessun segnale di vitalità si coglie dal dibattito, sarebbe più efficace definirlo chiacchiericcio, che il mondo politico propone agli osservatori attenti, perché l’unica certezza è che i cittadini snobbano allegramente ogni attenzione ai fatti della politica, mostrano se non il fastidio almeno il distacco per uno spettacolo trito, sempre uguale a se stesso, lontano dalle necessità o dagli interessi reali delle persone. Molti non celano nemmeno il disinteresse o il disgusto.
Si avvicinano importanti elezioni amministrative nelle più popolose città italiane, quelle che rappresentano, con buona pace di tutti, il cuore pulsante del Paese, sia dal punto di vista socio economico, sia istituzionale. Dovremmo entrare nel vivo dei troppi problemi che ci affliggono e condizionano la vita e le attività di milioni di cittadini, delineare uno scenario di interventi o di proposte, una visione di breve e medio periodo per trarci fuori dalle sabbie mobili che sembrano risucchiarci nel declino, in primis a Roma, la città violata da mafia capitale, regno del degrado, dell’abbandono, della resa all’insipienza, alla burocrazia marcia, all’inedia, al malaffare. Invece nulla neppure un richiamo, un guizzo, solo contumelie, polemiche da osteria, lazzi o derisioni all’indirizzo ora di questo ora di quello. Una canea volgare e becera capace di produrre altra disaffezione, qualunquismo a pioggia, tanto per marcare il vuoto pneumatico che avvolge, pur con diverse sfumature, la politica di questi giorni tristi, corrosi dalla mancanza di idee forti, di passione civile, di protagonismo.
Il confronto tra PD e Movimento 5 stelle è concentrato sulla legittimità delle forme di selezione dei candidati. Primarie da un lato, il voto via web dall’altro attraverso un blog preconfezionato, gestito da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio tanto ambiguo, quanto poco trasparente. Due formule diverse ma altrettanto dozzinali, organizzate alla belle e meglio nel privato di un partito strutturalmente definito e di un movimento dichiaratamente anti sistema. Tralasciamo per ora il centrodestra in preda a indefiniti conati dai quali emerge solo la frantumazione di quel ceto orfano del padre padrone Silvio Berlusconi e del suo famiglio di fiducia Umberto Bossi.
La delegittimazione dell’avversario può essere lo strumento più importante di un confronto politico serio, equilibrato e democratico? Ovviamente no, ma è quello cui malvolentieri assistiamo. Il vulnus di una selezione di classe politica e dirigente appare, del resto evidente, eppure solo ora ci si interroga su questo nodo cruciale per il risveglio di una coscienza civile e una partecipazione attiva, senza la quale non usciremo dal guano che macchia la coscienza di ciascuno, perché tutti siamo, in modo diverso, vittime e protagonisti, con i compromessi, le furberie, gli ammiccamenti di ogni giorno, necessari a sopravvivere in qualche modo al disastro istituzionale e dei servizi che ci assedia e ci condiziona.
Le Primarie all’ arrabbiata del PD, condite di polemiche tanto attese quanto stucchevoli, sembrano costellate di imbarazzi, più un modo per trarre d’impaccio i vertici del partito che un momento di aggregazione di militanti o simpatizzanti. Considerazione analoga possiamo avanzare per il Movimento 5 stelle. Mille e ottocento “mi piace” per poco meno di tre milioni di cittadini, non valgono certo, senza derisione alcuna per i singoli protagonisti, la candidatura a sindaco di Roma, tacendo delle altre città. L’anima popolare, la democrazia diretta esercitata dal basso, come anelito di popolo e antipartitismo si infrange su una manciata di adesioni web che la dice tutta sulla trasparenza del Movimento e dovrebbe ingenerare solo il rossore incancellabile della vergogna.
Non possiamo non segnalare, d’altro canto, che iniziano a farsi strada interrogativi pressanti sulla gestione libera e democratica degli eletti, in ogni organo di rappresentanza, del Movimento 5 stelle. Il ruolo della Casaleggio e associati, i flussi finanziari, la gestione dei fondi pubblici sollecitano una analisi pacata e approfondita, non debbono diventare elemento di polemica, né tantomeno di speculazione elettorale. Ben più importanti sono infatti i principi e le garanzie di funzionamento delle istituzioni, la libertà di espressione e di esercizio del mandato politico affidato dai cittadini, in nessun caso condizionabile da elementi terzi, da gestori oscuri, da burattinai occulti, che vi sia o no una Spectre in azione.
Sarebbe stato più opportuno, riteniamo indispensabile, un intervento di merito delle istituzioni e della giustizia quando in occasione delle elezioni politiche del 2013 si oltraggiava pubblicamente la Costituzione mettendo in discussione proprio il vincolo di mandato e chiamando i candidati a sottoscrivere di fronte d un notaio impegni inesigibili, perché in palese violazione della legge. Non è stato fatto per sufficienza o pavidità, per calcolo politico o per piaggeria, non lo si evochi ora come pura propaganda, ma lo si affidi per il futuro ad una analisi serena e misurata, capace di fugare ogni dubbio.
Le baruffe chiozzotte che scandiscono il confronto tra le anime del PD e quelle ancor più confuse e indecifrabili della sinistra, vagamente riconducibile all’area di Sel, appaiono lunari in chiave meramente politica. La necessità di difendere un vessillo ormai stinto e frusto, di solleticare un elettorato assai marginale se non inesistente hanno in tutta evidenza il rischio di aprire la strada ad una nuova sconfitta del fronte progressista. Viene da chiedersi come la Storia remota o più prossima non insegni nulla a questi militanti dell’ideologia. Non riescono a fare i conti con la povertà dei loro consensi, le idee si concretizzano se ci sono spiriti e gambe in grado di sorreggerle, se queste sono troppo fragili inevitabilmente cadono. Non si è protagonisti in democrazia con una manciata di voti. Un solo obiettivo può riuscirgli: far vincere il Movimento 5 stelle o addirittura il centro destra. Ciò vuol dire che l’avversario vero è il PD, non piegato ai voleri e alle concezioni di questi gruppi, o degli smunti protagonisti di questa stagione di critici sinistrati. Un PD che ha molte responsabilità, soprattutto di non aver voluto e saputo coniugare le due sue anime interne, perseguendo una politica border line, come atteggiamenti troppo smaccati nei confronti della minoranza o dei critici, comunque questo partito resta l’unica espressione di un modesto progressismo in Italia.
L’intransigenza e le faide interne hanno regalato all’Italia venti anni di potere berlusconiano, in questi mesi la guida della Liguria al centrodestra, con gli esiti che possiamo ben vedere. Coagulare energie progressiste con simili approcci più che avventuroso appare solo nichilismo.
Aspettiamo, alquanto sfiduciati, che qualcuno avanzi proposte politiche, che si discuta di merito di scelte operative per superare i problemi di vivibilità e di funzionamento delle nostra città a partire dai servizi essenziali e da una gestione oculata, che non può continuare a bruciare risorse economiche dei cittadini, senza ricadute positive o investimenti capaci di alimentare crescita, nuova occupazione, inclusione sociale o solidarietà, sostenibilità ambientale.
Sapremo cogliere, riflettendone insieme, anche il segnale più flebile, ogni sussulto di progettualità, il minimo spasimo etico, le onde gravitazionali di un impegno civile, perché solo così potremo infondere nuovo valore semantico alla politica. Speriamo nonostante tutto, qualcuno abbia il coraggio di batter un colpo, di offrire un’idea di assumersi una responsabilità.
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