Passaggio a livello: Voto segreto tra rispetto dei valori e anonimato rivendicativo
15-12-2015
Ubaldo Pacella
La mancata elezione dei giudici costituzionali di designazione parlamentare, giunta sino alla trentesima votazione, è più di un malessere, rappresenta una preoccupante patologia.
La soglia dei 3/5 degli aventi diritto sul complesso dei 945 eletti parlamentari fu fissata per rafforzare un principio di collaborazione istituzionale tra maggioranza e opposizione, in modo da superare, almeno nei principi, gli schieramenti e garantire ai giudici costituzionali un ruolo e un prestigio super partes.
La cronaca parlamentare degli ultimi decenni ci ha consegnato purtroppo un intreccio di interessi assai poco nobile. L’elezione dei giudici è avvenuta in modo farraginoso, comunque dopo accordi e trame sotto banco, frutto di intese, talvolta macchiate da bocciature clamorose che potremmo definire come sorta di vendette trasversali o rese dei conti realizzate all’ombra del voto segreto. Comportamenti a ben vedere assai lontani dallo spirito di collaborazione e di unità che il legislatore ha voluto evocare nelle norme elettive.
Questo incagliarsi delle decisioni tra faide di partito, interessi impropri, contrapposizioni politiche tra i gruppi parlamentari e all’interno degli stessi, ripropone con nuovo vigore la riflessione sull’utilità del voto segreto in parlamento.
La riforma dei regolamenti parlamentari è un’esigenza dimenticata per l’ostinata difesa da parte di deputati e senatori di norme desuete che tuttavia facilitano il loro ruolo insieme alla tutela di interessi specifici. Molti sono uniti in modo trasversale e asimmetrico nel mantenere una posizione di contrasto, che sino ad ora ha prevalso sulla necessità di modernizzare in profondità tutto il processo legislativo e il funzionamento stesso del Parlamento.
Tempi, riti e procedure dei lavori di Camera e Senato appaiono del tutto insostenibili di fronte all’evoluzione della società, alla rapidità dei processi decisionali, alla trasformazione della democrazia reale, nonché alla necessità di misurarsi su scelte compatibili e indirizzi strategici, in linea con la politica internazionale, gli scenari economici, le richieste dei cittadini, per un migliore e più consono funzionamento delle istituzioni.
Nulla di tutto ciò, prevediamo, avverrà nel corso di questa legislatura. Qualora la riforma costituzionale, tanto necessaria quanto imprecisa e claudicante, vedrà finalmente la luce si potrà mettere mano ad una integrale riscrittura dei regolamenti di Camera e Senato, fuori da quel bicameralismo paritario cui il Paese deve buona parte del suo declino.
Pensiamo si debba, in un simile disegno strategico di modernizzazione istituzionale, ripensare l’esercizio del voto segreto, come pure il ricorso alla fiducia. Due strumenti che appaiono ormai usati, diremmo branditi per fini totalmente diversi da quelli ipotizzati in passato dal legislatore.
Il voto segreto rappresenta una garanzia solo ed esclusivamente per le questioni inerenti il diritto della singola persona, a partire dalla restrizione della libertà. Va superato in ogni altro caso. Non è sostenibile per la corretta interpretazione della politica, della democrazia e della rappresentanza dei parlamentari che esso celi comportamenti ambigui, che divenga uno strumento improprio di pressione, concretizzandosi in un veto che non si ha il coraggio di esprimere in modo chiaro e diretto. E’ lecito e doveroso, per tornare all’esempio dell’elezione dei giudici costituzionali, che i parlamentari possano avere opinioni diverse da quelle dei propri gruppi, valutare questo o quel candidato inadatto al ruolo, ma perché farlo nell’oscuro dell’urna? Un rappresentante istituzionale al più alto livello non deve mai avere timore di esprimere il proprio libero convincimento. Si voti con coraggio e dignità, senza dare triste spettacolo a milioni di cittadini e di elettori che solo nel segreto si esprime il dissenso verso procedure, atteggiamenti, scelte dei partiti ritenute inadatte o non ispirate ai principi della trasparenza e del coinvolgimento. La dignità e la libertà sono valori non negoziabili, né comprimibili, soprattutto per chi rappresenta il popolo sovrano. Una lezione di etica da non sottovalutare o dimenticare, in un sistema istituzionale spesso opaco come quello italiano.
Il superamento del voto di fiducia come strumento per ovviare all’ostruzionismo parlamentare richiede una pacata valutazione che affronteremo in altra sede per non abusare della pazienza di quel lettore che avrà voluto seguirci con indulgenza sino a qui.