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«Lei e? un negro, si accomodi sul retro…» Successe in Texas, 40 anni fa. E ora da noi…

articolo garantistail Garantista, 02-03-2015
Piero Sansonetti

Nei primi anni ottanta un signore sui quarant’anni, di bell’aspetto, nero di carnagione, entrò in un caffè vicino all’autostrada, vicino a Dallas, in Texas, dopo aver parcheggiato la sua auto. Il proprietario del locale gli fece notare, gentilmente, che aveva sbagliato entrata, perché quella sala era riservata ai bianchi, e i negri invece venivano serviti sul retro, in piedi, davanti al bancone. Il signore ebbe un attimo di incertezza, poi sorrise, uscì dalla sala e andò sul retro.
Prese un hamburger. Si chianmava Colin, di nome, e di cognome si chiamava Powell. Era vestito in borghese ma era un altisismo ufficiale dell’esercito statunitense. Un paio d’anni dopo sarebbe diventato capo di Stato maggiore e poi – come sapete – fu il primo afroamericano a ricoprire l’incarico di segretario di Stato durante la presidenza di Bush giovane.

Questo episodio, Colin Powell lo ha scritto nella sua autobiografia, per spiegare quanto fosse radicato il razzismo negli Stati Uniti. E ammise di essere stato anche lui intimidito dal cow boy bianco che lo scacciava dal suo bar. Per un attimo – raccontò – aveva pensato di dichiarare chi era, qualificarsi come generale dell’esercito, e far notare al texano che la sua pretesa di discriminare i neri era del tutto illegale.
Poi però prevalse la sua riservatezza, non aveva voglia di dire: «Tu non sai chi sono io!». Gli sembrava inelegante. E così decise di andarsene senza far storie. Stava per risalire in macchina ma poi pensò che, visto che aveva molta fame e che in quel locale, risaputamente, gli hamburger erano squisiti, era meglio piegarsi al cow boy e mangiare sul retro. Accettando la legge del Jim Crow, come si chiama negli Stati Uniti l’ideologia razzista.

In questi giorni nelle sale cinematografiche italiane proiettano un film che a me è piaciuto molto, e che racconta la lotta dei neri dell’Alabama, nel 1965, guidati da Luther King e che si scontrarono con la polizia fascista del governatore, un certo Wallace, un democratico amico del Ku Klux Klan. I neri del dottor King chiedevano solo il diritto al voto che ”illegalmente” il governatore e gli sceriffi bianchi negavano loro. Illegalmente.
Il razzismo spesso è illegale, ma è un sentimento fortissimo, che travolge pezzi grandi di popolo, e che si autolegittima con la forza politica di chi lo propugna, calpestando le leggi e la civiltà.

Oggi è così anche da noi, in Italia. La discriminazione degli extracomunitari è illegale. Ed è del tutto illegale – si capisce – l’ordinanza del sindaco (vicino al centrosinistra) di Cirò Marina che vieta l’ingresso nei negozi agli immigrati. Proprio come faceva 40 anni fa quel texano con i negri. E’ illegale e viola la legge- Mancino. E non la viola con un’opinione – che allora la cosa sarebbe molto discutibile – ma con un fatto, un divieto odioso e palesemente razzista.
Ora, è abbastanza probabile che questa ordinanza cadrà. Interverrà forse il prefetto, o il ministro. O forse la magistratura. E’ un’ordinanza illegale ed essa stessa costituisce reato. E probabilmente a Cirò le cose torneranno in ordine. E’ sperabile che prima ancora del prefetto o del ministro o del giudice, intervenga il consiglio comunale, cioè si ribellino gli esponenti dello stessa lista del sindaco, e lo facciano ragionare.

Quel che preoccupa è però il fatto che ormai queste cose succedono frequentemente. Il razzismo, ormai, è sdoganato. Nel senso comune l’antirazzismo è stato combattuto e vinto, grazie anche a forze politiche dichiaratamente xenofobe, come la Lega Nord, ma non solo: le politiche contro i rom e contro i mendicanti guidate spesso da giunte di centrosinistra, e le campagne di stampa reazionarie di moltissimi giornali (anche dei grandi giornali) hanno aperto una breccia.
Si è deciso che il razzismo può essere considerato tale solo se ”interno” all’ideologia nazista, hitleriana. Cioè, solo se accompagnato da una dichiarazione sulla superiorità della razza bianca. Tutto il resto non è razzismo: e politica della sicurezza. legittima, moderna. Non ti caccio perché sei negro, ma perchè -siccome sei negro – porti malattie, oppure perchè sei disoccupato, o perché sei povero, o perché sei sconosciuto, o perché non hai il libretto di soggiorno, o perchè sei musulmano, o perché ho paura che tu sia un criminale, o un terrorista, o uno spacciatore… Vedete: non sono razzista, è lui che, in quanto negro, è sospettabile…

Qual è la causa di questa involuzione della nostra civiltà?
Io vedo due cause. una economica e una ideologica. Quella economica sta nel sentimento di paura, nell’idea che gli immigrati vengano a dividere con noi il nostro pane, e nell’aspirazione, invece, a tenere tutto per se il proprio pane.
La ragione ideologica sta nella fine delle idee politiche. Fino a un certo punto della storia italiana il vaccino antirazzista stava nei partiti politici, soprattutto in quelli di sinistra e nel partito cattolico. La politica era costruita su alcune dichiarazioni di valore, che coinvolgevano il popolo e entravano a far parte dell’dentità del popolo: e l’antirazzismo era una di queste dichiarazioni di valore. Ora l’ideologia non c’è più, e con l’ideologia, insieme a tante infamie, sono sparite anche alcune colonne della civiltà.

Pubblicato: Lunedì, 02 Marzo 2015 13:58

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