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Le Storie

Paolo Scaroni

Paolo Scaroni 150 La vicenda

Il 24 settembre 2005, al termine della partita tra l’Hellas Verona e le Rondinelle, in uno scontro in stazione tra tifosi e agenti di polizia rimane ferito gravemente un tifoso del Brescia, Paolo Scaroni. Scaroni viene ricoverato e rimane in coma per un mese; al suo risveglio è invalido civile al 100% , un piede è paralizzato e la voce è spezzata a causa dei postumi del trauma. Paolo ha anche perso i ricordi dei primi vent’anni di vita. Scaroni decide di raccontare tutto a una poliziotta, Margherita T., che apre un’inchiesta sui suoi colleghi e indaga in solitudine, scoprendo filmati spariti o tagliati, verbali truccati, testimonianze insabbiate.

Paolo Scaroni, allevatore di tori, era in trasferta a Verona con altri 800 tifosi. Il gruppo di cui fa parte è “Brescia 1911” composto da tifosi di provincia che protestano contro le schedature e i “padroni del calcio-tv”. Al termine della partita i tifosi vengono scortati in stazione; è qui che all’improvviso partono tre violentissime cariche della celere. I feriti alla fine sono 32, molti colpiti alla schiena con i manganelli. Paolo è tra i più gravi: ha la testa fracassata, vomita, poi sviene ed entra in coma; lo soccorrono gli amici ma l’ambulanza arriva con più di mezz’ora di ritardo.

F. M., dirigente della questura di Verona, stila una relazione ufficiale nella quale attribuisce la colpa degli scontri ai tifosi. Sostiene che gli ultras bresciani “occupavano il primo binario” e bloccavano la testa del treno per richiedere la liberazione di due tifosi. All’avvicinarsi della celere, sempre secondo questa testimonianza, i tifosi avrebbero reagito male, lanciando sassi presi dai binari, colpendo con aste di ferro e cinghie, sferrando calci e pugni. I poliziotti avrebbero caricato solo per evitare che ci fossero violenze nei confronti dei viaggiatori. Paolo viene citato nella penultima pagina come un tifoso che si è sentito male a bordo del treno. Prima si dice che sia stato colpito da ultras del Verona, che però non erano presenti: la stazione era vuota e c’erano solo i bresciani scortati, come riferiranno vari testimoni. Un celerino dice invece che Paolo è stato colpito da una pietra scagliata dai suoi compagni.

Dopo un mese di coma, il 30 ottobre 2005 Paolo si risveglia e viene interrogato dalla poliziotta Margherita T., che ricostruisce il pestaggio: quattro uomini col manganello si sono avventati su Scaroni colpendolo ripetutamente alla teste e urlandogli “bastardo”. Il personale del treno non conferma la versione data dalla polizia che vuole gli ultras sui binari a impedire la partenza del treno: i macchinisti riferiscono che era tutto tranquillo ed erano pronti a partire poco prima che scoppiasse il caos. Quattro agenti di polizia ferroviaria riferiscono che tutto è cominciato quando la celere ha lanciato gas lacrimogeno in uno scomparto dove c’erano anche donne e bambini. I tifosi avrebbero allora minacciato e chiesto spiegazioni ma i capi ultras si sarebbero messi in mezzo dicendo che gli agenti della Polfer non c’entravano. A quel punto la carica della celere sull’intera tifoseria. La poliziotta scopre anche che nei filmati fatti dai suoi colleghi manca la parte in cui Paolo è stato picchiato e che alcune fasi cruciali sono state tagliate. Risulta essere irrimediabilmente manipolata, infatti, la versione che è stata consegnata ai magistrati.

Il processo

Il pm di Verona ha chiesto per due volte l’archiviazione sostenendo che i caschi non hanno permesso di identificatore i poliziotti che hanno picchiato. Dopo anni di depistaggi e bugie, la prima udienza si è svolta il 25 marzo 2011. Lo stesso Paolo Scaroni ha scritto una lettera all’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni senza tuttavia ricevere risposta. Il 18 gennaio 2013 gli otto poliziotti del reparto celere di Bologna sono stati assolti per insufficienza di prove dall’accusa di lesioni volontarie aggravate. Si è accertato che ci sono state responsabilità della polizia ma non sono stati trovati i colpevoli. Scaroni dopo la sentenza ha fatto richiesta di appello.

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